Right World: D A L E K pt2

Quando ormai restava loro una settimana di cibo e acqua, arrivò la speranza. Usando la radio per ascoltare, Charan trovò in onda una canzone. Era una vecchia ballata dedicata alla Luna Minore, invidiosa della luce della sorella. Ascoltò le ultime note con l’ansia di chi si ritrova finalmente a sperare e, sì, dopo cominciò un’altra canzone, che parlava di bambini che giocano. Una di nostalgia del mare. Silenzio di qualche minuto. Triste allegra triste: era una R! Con i bambini che ascoltavano la musica con lei, Charan trascrisse l’intero messaggio, nonostante ci vollero ore e fu sicura che non fosse una coincidenza solo quando arrivò alla fine della prima parola: RIFUGIO. Seguivano numeri, Kalilla concordò con lei che si trattava di coordinate. Non restava che informare il dottore. Charan bussò alla porta della stanza che aveva adibito a laboratorio. La voce roca del dottore le disse di venire avanti

«Il tuo piano ha funzionato?» Le chiese

Lei annuì, sorridendo. Il dottore ricambiò il sorriso, dopo un attimo di esitazione, per poi assumere un’aria pensosa

«È stato veramente geniale. È normale che i Dalek non abbiano nozioni tanto inutili, anche se siamo stati fortunati che non hanno rintracciato il segnale»
Charan fu tentata di ricorrere alla macchinetta, ma invece si limitò a pensare “inutili?!” Forse era vero, dal punto di vista del dottore. Era una mente estremamente razionale e logica. Da quando erano arrivati era riuscito a trasformare un televisore portatile e un mucchio di cavi in quello che aveva detto essere un microscopio elettronico. Aveva tirato su un vero e proprio laboratorio chimico usando prodotti per pulire, bottiglie di vetro e una caffettiera. L’unico strumento che aveva a propria disposizione era quella che sembrava essere una piccola torcia che aveva chiamato “cacciavite sonico”. Si illuminava di luce verde quando lo utilizzava, ma si vedeva che era vecchio e malfunzionante, accendendosi solo dopo aver insistito diverse volte. Charan non aveva assolutamente capito a cosa stesse lavorando. Il dottore le aveva detto che loro tre erano troppo pochi, ma che se lei e Kalilla avessero trovato altre persone, poteva fare qualcosa.

«CHE COSA?» Aveva gracchiato la macchinetta alla sua gola

«Una chance di combattere!»

I due discussero sul da farsi, concordando presto che si sarebbero dovuti mettere in marcia il prima possibile. Con un po’ di fortuna, avrebbero raggiunto le coordinate in due giorni di cammino, attraversando la foresta di funghi, che avrebbe dato loro copertura, fino ad arrivare al fiume. Probabilmente avrebbero dovuto guadarlo, i Dalek avevano sicuramente distrutto tutti i ponti. In ogni caso, ne avrebbero riparlato con Kalilla quando fosse tornata. Finita quella breve conversazione, il dottore tornò a immergersi nel proprio lavoro, concentrato come al solito fino al punto di perdere il contatto con la realtà. Un altro dei suoi comportamenti alieni. All’inizio Charan era scettica quando le aveva rivelato di non essere di Rea, ma in effetti i suoi comportamenti erano molto strani e il suo aspetto solo vagamente reano. Non aveva capelli purpurei o verdi e quello che era successo alla sua faccia, che Charan aveva attribuito all’esplosione che l’aveva ferita, il dottore aveva spiegato essere solo l’effetto dell’età che avanzava. A quanto pareva era molto comune nell’universo “invecchiare”, un processo in cui le cellule accumulano errori di duplicazione, dando un aspetto grinzoso e progressiva debilitazione fisica. La sua razza, invece, non invecchiava: le cellule avevano la stessa complicazione, ma il loro sistema immunitario attaccava immediatamente quelle diverse, uccidendole. Quando gli errori diventavano predominanti, la persona moriva, solitamente nel sonno, ma mantenendo l’aspetto che aveva dalla sua maturità. Infatti il dottore aveva supposto che Charan e Kalilla fossero coetanee all’incirca, mentre lei aveva 32 anni e Kalilla quasi 60. Le stelle dovevano essere piene di mondi così diversi. Come doveva essere crudele il destino, per far sì che i primi alieni che avevano incontrato fossero esseri come i Dalek?! Beh, e il dottore, naturalmente.

Charan restò a osservare il dottore lavorare ancora qualche minuto, dopodiché decise che era ora di preparare la cena. Così si alzò facendo mente locale di come riempire lo stomaco dei suoi compagni di sventura razionando il cibo per i giorni. Aprì la porta e si trovò di fronte Kalilla, che stava entrando con un fagotto sotto al braccio ferito. Charan era così contenta di darle la notizia che non le importò di doverlo fare con la voce di un Dalek

«KALILLA-FON, QUALCUNO CI HA RISPOSTO! ABBIAMO LE COORDINATE DI UN RIFUGIO!»

«Ma è fantastico! Quindi non moriremo di fame qui!» rispose con un sorriso grintoso

«CHE COSA HAI LÌ?» Chiese Charan ricambiando il sorriso

Kalilla ruotò la spalla indietro, frapponendo un poco il proprio corpo tra la ragazza e il fagotto

«Cose che ho recuperato per il dottore. Scienza e cose così.» Aveva un tono evasivo

Charan si limitò a lanciarle un’occhiata interrogativa, ma uscì dalla stanza quando Kalilla le cedette il passo. Lanciò un’ultima occhiata al fagotto: non sembrava pieno di ferraglie, soprattutto per via dell’odore pungente.

Due giorni dopo erano pronti alla partenza. Il Dottore si era di nuovo sistemato sopra il pezzo di Dalek, ma questa volta non avrebbe potuto portare Charan, Kalilla e i bambini con sé. Avrebbero dovuto camminare, occasionalmente i due bambini, Cuppa e Armis, avrebbero potuto riposarsi salendo. Avevano discusso se lasciarli nel rifugio e tornare a prenderli in un secondo momento, ma le provviste non sarebbero bastate loro a lungo, specie considerando di poter fare poco affidamento sulla loro capacità di razionarle. Il vero motivo, però, era che ricordavano a Charan perché stavano affrontando tutto questo, per poter dare loro un mondo dove crescere. Kalilla forse la pensava diversamente: per lei andare avanti era una questione di vendetta. Aveva perso tutta la sua famiglia negli stermini dei primi giorni e ora tutto quello che desiderava era vedere quanti più Dalek possibile ridotti in cenere. Questo significava che ci teneva davvero a portare il dottore al rifugio, ma anche che Charan non era sicura avrebbe difeso i bambini: stava a lei assicurarsi che arrivassero sani e salvi.

Partirono al tramonto, con il favore delle tenebre. Era difficile avanzare, ma Kalilla conosceva bene il territorio, ormai. Inoltre il dottore aveva riciclato un’altra parte del Dalek distrutto: il suo occhio. Tagliato e saldato alla buona con un supporto, era regolato per poter essere calato sull’occhio sano di Kalilla. Questo le permetteva di vedere nell’infrarosso, in modo che l’oscurità non fosse un problema, ma fungeva anche da cannocchiale, per quanto dovesse regolarlo manualmente per far questo. Al fianco sinistro portava invece un rotolo rigido, forse di cuoio, aperto in cima. Charan non aveva idea di cosa ci fosse lì dentro, ma soprattutto perché l’avesse fissato nel lato più difficile da raggiungere. Dopo ore di marcia, raggiunsero la foresta di funghi. Nei suoi studi di botanica, Charan aveva imparato che le foreste di funghi si generano sopra normali foreste di alberi, su cui i funghi si propagano come un’infestazione. Dilagano praticamente a vista d’occhio come uno strato turchino che copre il legno, ma a discapito di quanto si potesse immaginare, non uccide la pianta. Nonostante le foglie venissero coperte di funghi, questo avveniva in modo tale che l’albero fosse comunque in grado di respirare e avere luce per fare la fotosintesi. Questo rapporto simbiotico dava un terreno fertile per il fungo, che in cambio rendeva non solo un singolo albero, ma tutta la foresta incredibilmente resistente: non solo proteggeva le piante da malattie – al punto che due pianti distanti tra loro mostravano resistenza allo stesso patogeno, finché i funghi fossero arrivati a connettere le loro radici – ma erano anche il motivo per cui i Dalek non avevano raso al suolo quel luogo. Le foreste di funghi non sono infatti sensibili al fuoco, tendendo a spegnersi. Per contro il fungo richiedeva immense quantità di acqua, quindi poteva avvenire solo in luoghi dove l’umidità era costantemente alta, con precipitazioni frequenti e vicino a un corso d’acqua. Per quanto tecnicamente commestibile, il fungo non era una buona fonte di cibo, con scarse proprietà nutritive e con una consistenza simile alla gomma e un odore fetido.

Quello che invece aveva da offrire la foresta era riparo: non solo i funghi si sviluppavano in membrane da ramo a ramo, riflettendo parte della luce verso le foglie, rendendo impossibile vedere il cielo e quindi il suolo dall’alto, ma l’irregolarità con cui cresceva sui tronchi dava origine a escrescenze cave dette nicchie fungine. Sarebbe stato facile sfruttarle come nascondiglio temporaneo, in caso avessero incontrato dei nemici. Un’ora dopo che avevano cominciato ad attraversare la foresta, Armis non ce la faceva più. La bambina, di appena 5 anni, era stata molto coraggiosa e obbediente, ma ora la stanchezza stava avendo la meglio su di lei. Non solo avevano camminato per ore, ma non avevano nemmeno potuto dormire, quella notte e Charan temeva che, nonostante il proprio impegno, cominciasse a mostrare segni di malnutrizione. Così la prese in braccio, stringendola a sé. La bambina si addormentò quasi all’istante, appoggiando la testa contro la spalla di Charan. Non era molto pesante, ma già dopo una decina di minuti cominciò a notare la differenza: non le importava, quel contatto con una bambina addormentata le dava la forza di un istinto protettivo che non sapeva di avere. Cuppa era invece determinato a fare la sua parte. Nonostante non avesse ancora dieci anni, ce la stava mettendo tutta non solo per restare sveglio, ma per essere vigile e guardare costantemente il circondario, mentre Kalilla faceva ovviamente da battipista. Il vantaggio offerto dal visore Dalek era limitato, adesso: la donna si era lamentata che la lieve bioluminescenza dei funghi – che stava aiutando tutti loro a non perdersi nell’oscurità – interferiva pesantemente con i sensori, dando una sovraesposizione che le faceva apparire quasi tutto bianco. Il dottore le ordinò di controllarlo comunque periodicamente, perché per quanto non le facesse distinguere i singoli alberi, un Dalek sarebbe subito saltato all’occhio come una macchia scura in mezzo al resto. Il pezzo di Dalek che montava il dottore sembrava non avere grossi problemi con il terreno accidentato, per quanto il dottore avesse espresso la preoccupazione che viaggiare levitando costantemente avrebbe prosciugato le batterie interne in un paio di giorni, perciò era imperativo che arrivassero al fiume nell’indomani. Questa era una preoccupazione: Charan e Kalilla avrebbero potuto trasportare i bambini, ma per quanto privo delle gambe, il dottore era più pesante. Sarebbe stato veramente difficile farlo arrivare sano e salvo, anche costruendo una barella, perché a quel punto la loro mobilità sarebbe stata compromessa.
Furono costretti a fermarsi poco prima dell’alba: la bioluminescenza dei funghi andava infatti a scemare a mano a mano che passava il tempo, perdendo l’energia luminosa accumulata durante il giorno. A quel punto Kalilla poteva vedere molto bene con il visore, ma gli altri sarebbero costantemente inciampati e andati a sbattere contro alberi. Charan non voleva ammetterlo, ma portare in braccio Armis le stava pesando moltissimo e fu anche per questo motivo che convinse gli altri a fermarsi a riposare qualche ora. Trovarono riparo in nicchie fungine a pochi metri l’uno dall’altro. Per spirito di avventura, Cuppa si arrampicò su una a un metro e mezzo da terra e sussurrò rivolto a Charan che era molto comoda. Charan pensò che probabilmente la membrana non avrebbe retto il peso di un adulto, ma era sufficientemente larga e sembrava abbastanza robusta per reggere entrambi i bambini, che sarebbero anche rimasti più al sicuro che dormendo sul terreno. Appoggiando la testa a un rigonfiamento elastico, Charan chiuse gli occhi e si addormentò.