TWICE UPON A TIME, recensione di Brig
Un uomo sta per morire e ne è consapevole.
Tutto qui, se ci pensate, ma che potenza in questo concetto.
La morte può arrivare in ogni momento, ma non sempre si ha la possibilità di saperlo chiaramente e avere il tempo di fare i conti con la situazione.
Vediamo un soldato che sta fronteggiando un nemico, un Dottore anziano il cui corpo ha ceduto per gli sforzi, un Dottore meno anziano all’apparenza (ma molto, molto più vecchio dentro) che è stato ferito mortalmente e vuole solo smettere di vivere.
I tre si incontrano, si aiutano, si parlano.
Di nuovo, tutto qui.
Arriviamo insieme a loro a capire che non tutte le morti sono atti eroici, non sempre c’è un cattivo da sconfiggere, qualcuno per cui sacrificarsi.
A volte si muore e basta.
A questo punto abbiamo le tre storie che ci danno tre seguiti diversi.
Il soldato ci dice che anche di fronte alla morte ci può essere speranza. Ma non in senso personale, speranza per l’umanità. Speranza perché a volte può accadere uno dei fatti storici più incredibili, commoventi e unici della Storia. Un fatto che, se raccontato, nessuno crederebbe. Allora la morte è rinviata, c’è ancora tempo ed è ancora più prezioso. La morte non è stata evitata, potrebbe arrivare anche subito dopo la tregua. Ma questo non rende meno commovente il messaggio del Natale. Perché potrete dirmi quello che volete, ma secondo me è bastato quel secondo per far diventare questo l’episodio più natalizio di sempre. Non servono alberi addobbati, renne, neve o altro. A me è bastata la Tregua di Natale!
Il primo Dottore accetta che la sua morte non sia una cosa solo sua. Accetta che il Dottore serva a far accadere i miracoli e a far accadere più cose buone di quelle cattive. Capisce che il cambiamento è necessario, che c’è sempre modo di imparare e di crescere. Non è un caso che Moffat abbia forse esagerato i suoi modi maschilisti e retrogradi. Vi saranno forse sembrati modi per strappare facili risate, ma secondo me erano un modo per farci capire quanto Doctor Who sia cambiata e cresciuta nei decenni, rimanendo però sempre se stessa, e di come lo abbia fatto l’umanità. Riallacciandomi al discorso di prima, è triste pensare che la Tregua di Natale, un secolo dopo, sia rimasta unica nella storia. Possiamo e dobbiamo migliorare. È da gesti del genere che si impara a non combattere più.
Il Dottore rigenera in mezzo a Ben e Polly e diventa altro. Il resto è storia.
Il dodicesimo Dottore ha un percorso simile al primo, ma sarebbe sbagliato vederli semplicemente come uno specchio uno dell’altro. All’inizio sembrano simili. In fondo il Dodicesimo è stufo di rigenerare e continuare a vivere. Duemila anni sono troppi da sopportare, la fine deve arrivare e ha deciso che finalmente è il momento. Anche lui capisce però che il Dottore è necessario e la sua rigenerazione ha quasi il sapore del martirio.
“Una vita in più, a chi può far male… oltre che a me?”
Ma sta al nuovo Dottore farci vedere come affronterà questo peso.
Il Dodicesimo ci dice una cosa diversa sulla morte. Puoi rinviarla, non accettarla, ma non le sfuggi. A lui viene offerto il dono enorme di rivedere i suoi companion, Nardole e Bill. Gli vengono restituiti i ricordi di Clara, preziosi quanto la voglia di vivere. Ma dopo tutto questo ci fa vedere che si muore da soli. Sempre. In mezzo alla folla, in mezzo a Ben e Polly, ricordando Clara e insieme a Bill, non importa. Da solo, sul Tardis, lascia un messaggio al suo successore e se ne va. Non è una cosa triste, è la vita.
È questo il suo ultimo messaggio, l’ultima cosa da accettare per poter morire.
“Doctor, I let you go”