THE WOMAN WHO FELL TO EARTH, recensione di Six
Questa è una recensione senza spoiler, ossia con livello di spoiler 0. Per intenderci, non contiene riferimenti al cast se non a quello iniziale e non accenna nemmeno alla trama dell’episodio, ragion per cui potete leggerla tranquillamente come un “perché dovrei guardare la puntata/guardare la puntata quando non ho proprio niente da fare” con tutte le vie di mezzo del caso. Non saprei comunque fare una recensione più approfondita, dato che questa è, almeno per la puntata, una reazione “a caldo”, da prima visione.
Se avete visto in diretta la prima puntata della nuova stagione, se anzi vi siete connessi pochi secondi prima, avrete visto un promo che mandano per tutti i programmi “drammatici”, termine che tende ad avere una connotazione un filo più elastica, oltremanica. Questa vi avrà già detto quello che posso dirvi io della puntata: Brand New Drama.
Se avete prestato attenzione a quel minuto interminabile di immagini che ci separava dalla prima puntata dopo quasi un anno di attesa e la prima puntata senza Moffat al timone, avrete notato Jenna Coleman. Sì, non c’entra niente, ma avrete anche notato la preminenza di personaggi femminili mostrati e credo che questo sia una politica che la BBC ha preso a cuore a 360 gradi, invece di soffermarsi sul colosso “con la cabina blu”.
È una questione da affrontare con le molle: per citare Deadpool “è più sessista picchiare una donna o non picchiarla (visto che aveva picchiato tutti gli altri)?” Il Politically Correct è spesso visto come un morbo che infesta i nostri programmi, generando una patina sociale attorno a storie che hanno perso il loro smalto naturale, ma che siamo tenuti a plaudire, pena l’essere accusati di una qualche discriminazione che finisce in -ismo. Questo è il principale cavallo di battaglia di chi ha visto impostare questa nuova crew nei mesi passati, a cominciare dalla prima attrice a interpretare il Dottore nella storia dell’uomo, almeno in quella ufficiale, visto che ci sono almeno 3 esempi di Doctor Who donna non ufficiali/canon e anche questo è senza contare i quindici gloriosi minuti del “Dottore Donna” di Catherine Tate. Il cavallo subito seguente è sempre stato “il Dottore deve essere maschio per stare nel personaggio”, visto che il machismo ha sempre contraddistinto tutte le precedenti incarnazioni del signore del Tempo. Sono critiche a cui, immediatamente, abbiamo dato una risposta: no. Non è “solo” una manovra PC, per quanto sia giusto dare diversità al protagonista della storia, no, il Dottore è caratterizzato dalla propria mente brillante e dalla compassione, caratteristiche prive di sesso -dico ottimisticamente, da maschio- e no, non puoi mangiare quel biscotto, è l’ultimo ed è mio (la retorica funziona in gruppi di tre).
Mentre dicevo così, tuttavia, cercavo di nascondere due cose: l’altra scatola di biscotti e la preoccupazione che la BBC mandasse tutto a monte caratterizzando male il personaggio di Jodie Whitaker. E, con “la BBC” intendo Chibnall, che non ho mai visto applicarsi a dovere in Doctor Who: non prenderla a male, Dalek Oba, ma quasi tutte le puntate che ha scritto finiscono con un conto alla rovescia. Per contro, Chibnall ha sempre avuto una grande capacità: creare personaggi tridimensionali o, quantomeno, altorilievici (@accademiadellacrusca). Se, per avere questo, è necessario passare per una tensione artificialmente costruita, dopo anni della tragedia artificialmente costruita di Moffat e dei personaggi artificialmente costruiti di Davies (Sane Men in the Box tornerà e sarà pieno di flame), mi può stare bene, anche perché, e prendetemi in parola su questo, Doctor Who non è alto cinema, è televisione. Lavora sotto budget, dipende dal rating e questo significa che alle volte i produttori si accontentano di tirare i remi in barca e lasciarla portare dalla corrente. Che non vuol dire che mi aspetto che sia di bassa qualità, vuol dire che posso capire se ci sono pecche in una serie che amo alla follia.
E, dopo questa introduzione mostruosa che credo sia tale perché è cominciata una nuova serie con un nuovo Dottore, andiamo finalmente a parlare della puntata. Di “Rose” in particolare. “Rose” comincia dovendoci dimostrare chi sia il Dottore e lo fa mettendo in risalto la companion e l’effetto che lui fa sulla companion, trasformando una diciannovenne insicura in una che tira calci nel sedere agli alieni. “The Christmas Invasion” si proponeva di mostrare che il Dottore potesse cambiare e restare se stesso. “The Eleventh Hour” di introdurre un nuovo cast e porre le basi per un Dottore che vive di fama, a là “I’m The Doctor. Basically, run!” “Deep Breath” introduce il Dottore che cerca se stesso che ci ha accompagnato in sordina per tutta l’era di Capaldi. “The Woman Who Fell to Earth” che cosa vuole fare?
In poche parole: qualcosa di nuovo. Alla puntata non può interessare di meno se il nuovo Dottore ha “il cacciavite o la cravattina”, vuole mostrare che 55 anni di produzione non sono sufficienti a mettere in ginocchio un titano come Doctor Who, vuole farti vedere che è possibile mostrare un mondo completamente nuovo, senza dover nemmeno faticare per questo -al punto che la trama della puntata ricalca essenzialmente uno dei franchise di fantascienza più famosi!-
Doctor Who è tornato. E mi duole dover mettere una foto qui sotto, perché non è una rappresentazione che possa dare l’idea di quello che propone Chris: servirebbe un diorama. La puntata potrebbe piacervi oppure no, dipende da quello che ci volete trovare, ma non ho mai visto Doctor Who ambientarsi in un mondo così vivo e molteplice e, raramente, gli ho visto usare una metafora senza correre dalla maestra a chiederle se le è piaciuta e se la può spiegare al resto della classe. È un Chibnall che si porta dietro quanto rende Broadchurch interessante e lo rimette insieme in poco più di un’ora, dipingendo personaggi sfaccettati con precisione e rapidità, al punto che, mi pento di avere saputo chi avrebbe interpretato i companion nella serie, perché non avrei altrimenti avuto idea di chi si sarebbe potuto portare dietro il Dottore nelle prossime avventure. Per contro, proprio come in Broadchurch, non mi sento di elogiare la trama. C’è chi dice che una storia sia fatta unicamente dei personaggi: io dissento, ma rimarco che, in questo caso, sono più che sufficienti a tenerla in piedi. Non ho occhio per la fotografia, ma mi è parsa molto buona e creativa. Per concludere, Doctor Who ama tirare in ballo citazioni dall’era classica: credo sia stato fatto anche qui, ma in modo per niente becero, trasmettendo i contenuti invece della forma, in un modo in tono con la puntata: nuovo.
Vi ricordate quello che volevo nascondere? No, non la scatola di biscotti (e tre), sono finiti, la preoccupazione che Jodie venisse caratterizzata male. Ho sempre pensato che l’approccio migliore per cose del genere sia di non farne un dramma ed è proprio così che fa questo episodio. Il nuovo Dottore è una donna, ma non viene messo per niente l’accento su questo fatto, trattato come “il nuovo Dottore ha i capelli neri” o “indossa un papillon” o “è molto alto”. Jodie Whitaker non manca il bersaglio indicatole, dipingendo un Dottore frizzante e pieno di entusiasmo, senza melodramma, che mi ricorda molto quello di Eccleston, sarà l’accento, ma è ancora in crisi rigenerativa, quindi aspettiamo a vedere.
“Aspettiamo a vedere” è proprio la nota su cui ho sempre saputo dover chiudere questa recensione: è una puntata, ce ne aspettano altre nove e potrebbero cavalcare l’onda positiva di questa prima o infrangersi contro agli scogli. L’impostazione PC viene affrontata in modo giusto, non limitandosi alla figura del Dottore, ma abbracciando una moltitudine di aspetti, trattando la diversità come normale e creando storie che rappresentano la realtà che viviamo, invece di una stilizzazione anacronistica, ma sono costretto ad aspettare anche qui per vedere se questa impronta continuerà. Sono fiducioso, comunque e mi troverete fiducioso anche la settimana prossima.
Fino ad allora, stay tuned, stay TARDIS. Ciao, dal vostro Sesto!
~Six