The Hungry Earth/Cold Blood, 10 anni dopo
Come in tutte le mie recensioni, parlerò subito di ciò che mi ha colpita alla prima visione e che è rimasto vivido nella mia mente dopo anni: essenzialmente, le parti che mi hanno fatto rivivere vecchi traumi!
In questo caso si tratta della morte di Alaya, la Siluriana tenuta in ostaggio dagli umani, e degli eventi a catena che ne conseguono. A livello emotivo mi è risultato quasi insopportabile – e tuttavia inevitabile – immedesimarmi sia con gli umani, quando credono sia ormai impossibile dimostrare la propria buona fede nel mandare avanti le trattative di pace; che con i Siluriani, delusi, furiosi e probabilmente pieni di sensi di colpa per aver riposto fiducia nel nemico.
Una vita spezzata, un patto infranto, l’angoscia sale e ti chiedi perché: la risposta dovrebbe essere che l’umanità è in pericolo, invece tutto ciò che vorresti dire è “aspettate, trovate le parole giuste, non fatevi guidare dalla rabbia e dalla paura”. Non è l’invasione e la distruzione che spaventano, quanto il fraintendimento, il muro eretto in pochi istanti, la comunicazione interrotta.
La trama non è così diversa da quella di “Doctor Who and the Silurians”, del 1970: qualcuno da sopra scava, qualcuno lì sotto si sveglia e non è d’accordo che le “scimmie” si siano prese la Terra mentre loro dormivano; si tenta una mediazione ma da entrambe le parti c’è chi vorrebbe solo la guerra. La differenza sta nel finale tutto sommato pieno di speranza di questo doppio episodio, una rivincita dell’Undicesimo Dottore laddove il Terzo, con tutta la sua buona volontà, aveva fallito.
Un altro dei punti traumatici e interessanti di questa storia è un’altra morte, quella di Rory, per motivi completamente diversi. Il rapporto tra il Dottore e Amy, le loro avventure, insomma tutto il resto della stagione cambierà e si evolverà sotto tutti i punti di vista. Non è quindi un evento tragico in mezzo a tanti altri, ma un punto di svolta essenziale nella narrazione di Moffat: un ruolo analogo – in chiave negativa – l’avrà la scomparsa di Danny Pink, che trasformerà la personalità di Clara e faciliterà l’avvento dell’Ibrido.
NOVANTA MINUTI DOPO…
Non dico che sia come guardare un’avventura completamente nuova, ma avevo dimenticato talmente tante cose! Il mistero del cimitero, la cupola che nasconde la luce, il rapimento di Elliot: completamente cancellati come… beh, come Rory dalla mente di Amy alla fine della puntata. Oooops, troppo presto dopo dieci anni?
Nasreen è una riscoperta: è intelligente, simpatica, piena di vita e di curiosità. Più del bambino, direi, che è invece molto riflessivo e maturo per la sua età. Comunque il Dottore capisce il potenziale della dottoressa Chaudry, la chiama “deliziosa” e la incoraggia dicendole “sii straordinaria” all’apertura dei negoziati. È lo stesso modo in cui Twelve guarda le due Osgood alla fine di “The Zygon Inversion”: potenziali companion, persone straordinarie che proprio in quanto tali hanno ancora tanto da dare alla Terra e ai suoi abitanti, non importa se umani, Siluriani o Zygon.
Tanto amore anche per Malohkeh, discendente da una famiglia di ricercatori e il Dottore che gli dice “credo di volerti bene”, non vi ricorda quando in “Planet of the Dead” Ten dice a Malcolm “sei il mio nuovo migliore amico”? Il Dottore ha piena fiducia negli uomini di scienza, perché hanno una capacità di ragionare che la “casta guerriera” di qualsiasi civiltà non sembra possedere.
E tanta stima per Eldane, il narratore del secondo episodio; è così vivida la sua tristezza quando capisce che, in seguito alla morte di Alaya, i negoziati non possono andare avanti ma… neanche per un attimo la pensa come Restac, perché è già pienamente convinto che tra gli umani, come tra loro, ci siano persone ragionevoli come Nasreen ed Amy e altre che si fanno guidare solo dall’istinto come Ambrose. Che oggi non si può convivere in pace, ma che per la salvezza di tutti lo si potrà fare domani. Sì, tra mille anni è comunque domani.
La cosiddetta vittima della situazione, Alaya, è un individuo crudele quanto sua sorella Restac. Le sue parole sono violente, ad un punto in cui è praticamente irresistibile soffocare la propria rabbia. Ed è qui che il Dottore traccia un confine tra le persone “migliori” e tutte le altre: la capacità di resistere, di non scendere al livello di chi ci provoca, è rara e preziosa nei momenti critici.
Questo il Dottore lo sa, e più tardi vediamo che ha perdonato Ambrose: “Dimostra a tuo figlio che ti sbagliavi, che c’è un altro modo,” le dice. “Prova a fare di lui il meglio dell’umanità, là dove tu non sei riuscita”. E poi le sorride. Questo è il nostro eroe.
Se la civiltà degli Homo Reptilia vi affascina, consiglio non soltanto il serial “Doctor Who and the Silurians” ma soprattutto la lettura di un romanzo di Gary Russell, sempre con protagonista il Terzo Dottore, intitolato “The Scales of Injustice” e ambientato poco dopo la settima stagione classica. Sicuramente questo doppio episodio attinge a piene mani dal libro, anche se il ruolo dei companion è completamente diverso e oltre ai Siluriani incontriamo altre creature… ma nessuno spoiler!
– Saki