ROSA, recensione di Saki
Sin dagli albori della serie, le puntate “storiche” ne sono state uno dei punti di forza. Purtroppo dei primi viaggi nel passato della Terra rimane poco, con alcune importanti eccezioni (per esempio The Aztecs, disponibile persino in italiano), ma per chi ha la pazienza e la curiosità di riscoprirne le versioni ricostruite troverà dei veri gioielli, in cui il Dottore e i companion di turno interagiscono non solo con figure storiche, ma con l’ambiente spesso ostile dell’epoca, in cui un gesto o una parola comuni per la nostra cultura attuale possono fare la differenza.
Per quanto in una serie di fantascienza la problematica del razzismo venga sempre affrontata con il linguaggio che le è proprio, contrapponendo fra loro vere e proprie razze aliene, è solo nella serie moderna che abbiamo la prima companion fissa di colore, Martha Jones, e la vediamo affrontare situazioni umilianti (Blink, Human Nature) o semplicemente reazioni di stupore e sorpresa (ancora Human Nature, ma anche The Shakespeare Code).
Sarà però con Bill, in Thin Ice, che assistiamo ad una scena a mio parere terrificante: lo scontro con Lord Sutcliffe, che non a caso si becca un pugno dal Dottore.
Rosa porta questo tema al livello più alto. Non si tratta dell’atteggiamento di uno o più personaggi, ma del nucleo centrale dell’episodio stesso, e nessuno nell’attuale equipaggio del TARDIS è immune e/o indifferente alla violenza verbale, fisica e psicologica che impregna la società in cui i quattro si trovano a vivere. Vediamo Ryan, Yasmin e Graham imparare a conoscere meglio se stessi, aprirsi tra loro, (ri)scoprire il passato in vista del ritorno ad un qui e ora non certo perfetto, in cui vivere è ancora una sfida ma non un inferno come la Montgomery del 1955.
E il Dottore? Anche lei sta imparando a riconoscersi, a vivere nella sua nuova pelle, nei suoi abiti che riflettono i colori di un universo in perenne movimento. Un universo composto da mille e mille civiltà, ognuna con la sua particolare storia, insanguinata dalle sue guerre, divisa da paura e rabbia alimentate nei secoli e nei millenni. E mi piace pensare che non dimentichi nessuno, tra coloro che con coraggio hanno contribuito a spezzare le catene dell’odio. Che su ogni pianeta abbia incontrato almeno una Rosa o un Martin, traendo ispirazione e forza dalla loro storia; che ognuno di loro abbia contribuito a renderla la viaggiatrice del tempo che è ora.