THE WOMAN WHO FELL TO EARTH, recensione di Saki
Eccola, il Dottore numero tredici. Senza TARDIS, senza cacciavite sonico, senza memoria. Tasche e mente ugualmente vuote, ma la volontà comunque tesa a fermare la scia di morte in una sonnolenta Sheffield, popolata di esseri umani in difficoltà, ognuno nel suo modo peculiare, ognuno con la sua storia. Più che una puntata di uno show televisivo, il pilot di questa nuova stagione sembra un dipinto, questa città in notturna con le gru che si stagliano contro il cielo, due pennellate sottili che si intrecciano a delineare ogni personaggio.
Senza TARDIS il Dottore ci era già rimasto, perché non funzionava a causa del blocco imposto dai Signori del Tempo, come all’inizio dell’era Pertwee, o era stato lasciato su una nave mentre lui e i suoi compagni si spostavano con altri mezzi, come in The Sontaran Experiment e la successiva Genesis of the Daleks.
Senza cacciavite o altri dispositivi sonici, certamente: il Dottore non nasce con il suo gadget preferito in tasca, o meglio, lo tira fuori la prima volta – per svitare effettivamente delle tubature – in Fury of the Deep, nella quinta stagione classica. Il Quinto non cerca di riaverne un altro dopo che i Terileptil glielo distruggono in The Visitation, e a parte la fugace apparizione della lancia sonica del Sesto, ritroviamo il “coltellino svizzero senza coltello” solo a partire dal film del 1996.
E proprio nel film l’Ottavo Dottore non ricorda più chi sia e da dove venga…
Ma queste tre cose combinate insieme sono una novità destabilizzante, o dovrebbero esserlo in teoria. In pratica, invece, la puntata rimane più che stabile: a reggerla è la fortissima solidarietà che vediamo da subito unire la misteriosa donna aliena comparsa nel treno e gli umani che l’aiutano a risolvere il mistero, e in modo più ampio la comunità della cittadina.
Nel corso della puntata il Dottore torna ad essere l’eroe che tutti conosciamo: ha costruito da capo il suo dispositivo sonico, ha recuperato i propri ricordi e i mezzi per tornare alla sua nave. I suoi nuovi amici invece hanno ancora tutto da costruire (Yaz) o ricostruire (Ryan e Graham), alle prese con un vuoto diverso ma comunque importante nelle loro vite. Eppure non scelgono di fuggire con lei per andare all’avventura, come è stato finora per i companion della nuova serie: è un vero ritorno alle origini, questa partenza improvvisa – come fu per Ian e Barbara o Ben e Polly. Più di tutti mi ricordano Tegan, la hostess in divisa lilla a cui era stata appena uccisa la zia e che, una volta entrata nella cabina blu per chiedere aiuto, per lungo tempo non aveva potuto scegliere di tornare a casa… o continuare a viaggiare, se è per questo.
Sarà così per questi tre? Rimpiangeranno ciò che hanno lasciato, o abbracceranno il tempo e lo spazio con l’energia di mille soli? Ma soprattutto: quand’è che Ryan chiamerà finalmente Graham “nonno”? Sono aperte le scommesse!
– Saki