The Power of Three – 10 anni dopo

Partiamo da una triste e inequivocabile verità: questo episodio nasce, cresce e finisce come fillerone. Pieno di humour, soprattutto grazie alla presenza di Brian Williams, ma talvolta ripetitivo e snervante… insomma, godibile ma non indimenticabile.

Eppure a suo modo è unico, in primo luogo nel portare sullo schermo un personaggio del calibro di Kate Lethbridge-Stewart.
Ho specificato “portare sullo schermo” perché Kate era già stata creata da Marc Platt per la produzione video “Downtime” della Reeltime Pictures, datata 1995. In questo modo Chibnall la rende canon e rende nuovamente la UNIT un alleato stabile del Dottore sulla Terra, mentre nell’era Davies, per quanto fossero stati creati dei personaggi interessanti legati all’organizzazione – Erisa Magambo e Malcolm Taylor di “Planet of the Dead” su tutti – erano rimasti relegati ai singoli episodi. Kate invece arriva per restare.

Questo episodio resta un filler ma… lo è anche in senso positivo, perché è pausa, attesa, riflessione e focus sui protagonisti. A posteriori, è la divertente vigilia di qualcosa di inatteso e terribile, ma inevitabile, come l’addio all’amata coppia di companion di questa prima era Moffat.

QUARANTACINQUE MINUTI DOPO…

Ogni volta mi dimentico del viaggio durato quasi due mesi tra navi Zygon ed Enrico VIII! E torno sempre a commuovermi per la preoccupazione di Brian sull’incolumità dei due Pond… oltre che per la scena in cui il Dottore rivela a Kate di conoscere la sua vera identità e… stirpe! E che dire del confronto tra il Dottore e Amy, quando lui apre i suoi cuori davanti a lei in modo così puro e incondizionato?

La trama “aliena” sembra riconfermarsi banale, per poi risollevarsi verso la fine con quel senso di avventura che ne riaccende il ritmo. Gli Shakri però si rivelano davvero una delusione come villain, anche perché ne vediamo solo un ologramma… mentre la loro nave resta totalmente alla mercé del cacciavite sonico del Dottore!

Anche dopo questo rewatch, continuo a pensare che il mistero dei cubi non sia così interessante e anche la sua risoluzione sia insoddisfacente. Ma come ho detto prima i dialoghi tra i personaggi sono tra quanto più intimo e prezioso può regalare questa serie, e per riascoltarli vale la pena sopportare ancora una volta il cubo che suona “Il ballo del qua qua”!

– Saki