Doctor… Who? – di Tardis
Anno nuovo, vita nuova – o almeno così diceva mia madre.
D’altro canto, lei può permettersi di darmi questi incoraggiamenti: non mi ha mai appoggiato su nulla. L’unica cosa su cui era d’accordo era la mia scelta di sposarmi con… come si chiamava?
Aspetta, io sposata? Ma neanche morta! Okay, starò pensando troppo come al solito. Mi faccio un bel tè e passa tutto.
“Donna! Esci fuori che è una bella giornata!”
“Grazie nonno, non adesso.”
“Eddai, hai un anno intero per immusonirti. Esci e passa del tempo con il tuo caro nonnino.”
“Papà, hai ancora quelle orecchie da renna addosso? Ma non ti sei stancato?!” Mia madre, sempre molto gentile.
“Assolutamente no, Sylvia. E le terrò fino a quando lo vorrò.”
Sorseggio il mio tè ascoltando i bambini che giocano e mia madre e mio nonno battibeccare ancora un po’, e nel mentre ripenso ai bei tempi andati. A quando ero poco più di una dattilografa disoccupata ma che per qualche strana ragione era considerata la creatura più importante di tutto l’universo, a quando giravo per la Londra degli anni Venti e la Pompei romana, a quando un enorme ragno gigante aveva rapito il mio futuro fortunatamente non marito e a quando avevo visto volare via il grasso e l’avevo salutato con la mano.
Che razza di tè è questo? Ho più mal di testa del solito…
Sarà meglio che prenda una pastiglia e mi sten-
“Dottore!”
Ho questa parola conficcata nel cervello, sento come se dovesse esplodere. Mi accascio a terra prendendomi la testa tra le mani, e con la vista annebbiata sento due braccia tenermi, la voce di mio nonno…
“Tutto bene, Donna?”
“Nonno… cosa hai detto prima, mentre eri fuori? Chi chiamavi?”
“Oh, nessuno, tranquilla. Un amico. Gli piace farsi chiamare con un nome strano: eroe di guerra, non lo dimenticherò mai.”
“Dottore ti sembra strano?”
Silenzio, la presa sulle mie braccia farsi più salda.
“Ti porto a letto, Donna. Riposati, prima che tua madre ti veda così e se ne lamenti con me.” Riesce a strapparmi una debole risata e mi accompagna nella mia camera.
Mi stendo, chiudo gli occhi e cerco di non pensare a quella parola che ha un sapore così familiare, ma che mi sfugge.
Dottore..