The Impossible Planet – 15 anni dopo
The oldest and strongest emotion of mankind is fear, and the oldest and strongest kind of fear is fear of the unknown.
H. P. Lovecraft
L’emozione più antica e potente della razza umana è la paura e il tipo più antico e potente di paura è la paura dell’ignoto.
H. P. Lovecraft
Doctor Who ha sempre avuto episodi spaventosi, ma non ha praticamente mai affrontato l’orrore cosmico lovecraftiano. L’atteggiamento positivista e razionale del Dottore male si sposa a una paura che viene dal non conoscibile. C’è sempre una spiegazione alla fine, un modo razionale per controbattere agli attacchi del nemico. Ma cosa succede se metti il Dottore in una situazione impossibile? Su un pianeta impossibile?
Il Dottore e Rose arrivano in una stazione di ricerca su un pianeta misterioso e subito perdono il Tardis.
La squadra di ricerca li accoglie più o meno benevolmente. Ma il pianeta si dimostra subito pericolosamente instabile e in contrasto con le leggi naturali del cosmo. Orbita intorno a un buco nero ad una distanza impossibile. Niente si comporta come dovrebbe.
Ora, abbiamo una situazione intrigante ma classica. C’è un fenomeno inquietante e chiaramente (per lo spettatore, almeno) pericoloso eppure i protagonisti rimangono a studiarlo invece di scappare. Ci si aspetta che il Dottore, lì non per sua volontà ma per caso, sia l’unico con un po’ di sale in zucca (come sarebbe lo spettatore in quella situazione) e inizi a cercare di convincere tutti a scappare. Tra l’altro ci sono più episodi con premessa simile in cui si comporta proprio così. Ma questa volta no. Non so voi,
ma la prima volta in cui ho visto la puntata sono rimasto così piacevolmente colpito dalla sua reazione.
Cavolo, sì che è giusto studiare le anomalie. È davvero ciò che ci rende umani. Ci sono stati e ci saranno sempre studiosi spericolati. Per molti finisce male, ma fanno progredire la razza umana. Che bello il momento in cui il Dottore abbraccia tutti.
E che bello il momento così intimo tra lui e Rose in cui parlano di come sarà la loro vita senza il Tardis.
Il Dottore è un genio della lampada, un mago, un essere che tocca solo in modo tangente la vita comune. Togligli i poteri e si deve fermare. Vivere una vita normale. Moffat, con il Dottore successivo, evidenzierà ancora di più il parallelo con Peter Pan, ma è già tutto qui. Sembra davvero, un secolo dopo Barrie, di sentire Peter che racconta come sia scappato con le fate per non dover crescere, trovarsi un lavoro, mettere su famiglia, sistemarsi e, in ultimo, morire.
Se l’atteggiamento di Rose può sembrare più rassegnato, forse è solo un’illusione. Lei viene da quella vita ordinaria e le è stata concessa l’occasione di fuggirne. Rinunciare all’avventura deve pesarle molto, c’è ancora così tanto da vedere, da fare. Lei ha il vantaggio di essere comunque in un universo futuro e sconfinato con il Dottore magico. Ma, in un contesto esterno alla narrazione, ci stanno dicendo che niente è per sempre e che presto o tardi il suo viaggio con il Dottore finirà. Che grande scrittura!
Gli scienziati scoprono un pozzo sigillato nelle viscere del pianeta, chiaramente artificiale. Già solo l’esistenza di una cosa del genere dovrebbe far (e fa) rabbrividire qualsiasi essere umano. È l’ignoto e l’inconoscibile che penetrano nel mondo prevedibile che conosciamo. Ma è anche lo scopo (della nostra esistenza) della missione vedere cosa c’è sotto il sigillo.
Nella base le cose iniziano a degenerare, ci sono morti e il pianeta è sempre più instabile. Ma la nostra attenzione è tutta nel pozzo. Il sigillo si apre e sotto c’è l’oscurità senza fine. Tutto l’orrore è contenuto in quel buio. Ogni cosa che non sappiamo. Il Dottore si cala, sospeso nelle tenebre, perché, certo, non può farne a meno. Potrebbe scappare e salvarsi, ma a cosa servirebbe essere salvo senza sapere?
Giuro che la prima volta avevo la pelle d’oca.
La corda finisce e l’oscurità è ovunque. Il Dottore, l’uomo di scienza, per avere le risposte fa un atto di fede. Si lascia cadere. Uno dei miei momenti preferiti di sempre e che considero genuinamente spaventoso ma grandioso allo stesso tempo.
E pausa di una settimana. Degli Ood parlerò tra sette giorni, non me li sono dimenticati. Questo doppio episodio è uno dei miei preferiti, c’è ancora tanto da dire. Fino ad allora sarà come cadere nell’oscurità eterna.
– Brig