Cosa ho fatto durante le vacanze di Natale – di Sally Sparrow.
Questo racconto è stato scritto da Steven Moffat e pubblicato nel Doctor Who Annual nel 2006, su di esso è stato poi basato l’episodio Blink! Le bellissime illustrazioni sono state fatte da Martin Geraghty.
Lo potete leggere in originale inglese QUI. Chi non fosse troppo a suo agio con l’inglese, può invece trovare qua sotto la mia traduzione!
(Ovviamente né io, né il Doctor Who Italian Fan Club possediamo i diritti del racconto).
Buona lettura!
– Amelia Pond
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Il mio nome è Sally Sparrow.
Ho dodici anni, i capelli color rame, un apparecchio che a stento si vede, una cicatrice sul ginocchio sinistro di quando sono caduta dalla bici a dieci anni, e dei genitori. Ho anche un fratellino di nome Tim. Mia madre ha detto alla signora Medford che Tim non era stato pianificato, e questo si capisce dal fatto che il suo naso non è dritto e i suoi capelli rimangono all’insù e non posso credere che qualcuno farebbe tutto ciò apposta. O le sue orecchie.
Sono la migliore in inglese, e la signorina Telfer dice che ho un vocabolario eccellente. Ho sedici amici che sono principalmente femmine. Non sono ancora molto interessata ai maschi, perché fanno rumore.
Questa è la storia dei misteriosi eventi che mi sono accaduti al cottage della mia grassa zia a Natale e di cosa ho scoperto sotto la carta da parati della mia stanza, che mi ha fatto sollevare le sopracciglia perplessa.
Mi trovavo al cottage della mia grassa zia perché mamma e papà erano andati via per il weekend. Tim era rimasto dal suo amico Rupert (e credo che anche lui non fosse stato pianificato, a causa dei suoi denti) e io mi sono ritrovata ancora una volta nella camera degli ospiti a casa di mia zia nella campagna, nel Devon.
Adoro il cottage di mia zia. Dalla finestra della cucina puoi vedere solo campi, fino all’orizzonte, ed è così silenzioso che puoi sentire l’acqua che cade da una foglia dall’altra parte del giardino. Qualche volta, quando sono sdraiata a letto, posso sentire un treno molto distante e sospiro, come se fossi triste, ma è bello. È bella la camera in cui sto da mia zia. Molto grande, con un armadio che sbatacchia i suoi attaccapanni ogni volta che gli passi vicino ed enormi fiori gialli sulla carta da parati. Quando ero piccola di solito mi sedevo e fissavo quei fiori, e quando nessuno guardava provavo a prenderli come se fossero fiori veri. Si può ancora vedere un piccolo strappo di quella volta in cui provai a staccarne uno dal muro quando avevo tre anni, e ogni volta che torno nella stanza la prima cosa che faccio è andare a toccare quel fiore, per ricordare. Ne ho parlato con papà e pensiamo possa essere nostalgia.
È grazie a quel fiore e alla nostalgia che ho incontrato per la prima volta il Dottore.
***
È stato tre giorni prima di Natale. Ero appena arrivata a casa della mia grassa zia, e come al solito, l’ho abbracciata e sono corsa di sopra in camera, per appendere tutti i miei vestiti nell’armadio sbatacchiante. E come al solito subito dopo sono andata dal fiore giallo strappato sul muro, mi sono inginocchiata lì vicino (sono più grande ora) e l’ho toccato. Ma questa volta, ho fatto qualcosa di diverso. Non so perché. Ho sentito mia zia chiamare dal piano di sotto, mi diceva di non metterci troppo, perché aveva cucinato il mio piatto preferito ed era in tavola, di solito sarei corsa di sotto. Forse è stato perché sapevo che lei avrebbe voluto parlare della scuola, e qualche volta non vuoi parlare della scuola (scusi, signorina Telfer), soprattutto quando hai l’apparecchio e i capelli ricci, e le persone possono fare battute su queste cose, anche se dovrebbero essere tuoi amici. Forse perché stavo pensando a quando avevo tre anni e a quanto il fiore sembrasse più piccolo in quel momento.
In realtà penso sia stato perché Mary Phillips aveva inventato una canzone sui miei capelli e mi ero offesa e i miei occhi erano pungenti e appannati esattamente come quando stai per piangere se non ti concentri. Comunque, le mie dita erano proprio sullo strappo, e stavo pensando alla canzone, ai ricci e così via, e all’improvviso è stato come se non mi interessasse più nulla! Così ho iniziato a strappare la carta ancora un po’! Prima un pezzettino, l’ho tirato per vedere cosa sarebbe successo. Poi ho continuato! E sai, qualche volta sembra di essere in un sogno – stai facendo qualcosa, ma non ti senti di star facendo qualcosa per davvero, è più come se stessi guardando? Beh, ho continuato e ho tirato via l’intero fiore dal muro. Un intero pezzo di carta e l’avevo appena strappato via!
E poi, o mio dio! Sono rimasta a fissare!
Una volta ho letto una storia che raccontava di una ragazza che si è spaventata e lo scrittore ha detto che lei ha sentito i capelli rizzarsi in testa. Ho pensato fosse ridicolo e che sarebbe parso molto stupido, come mio fratello. Ho pensato che lo scrittore se lo stesse inventando, perché non poteva accadere. Ma mi sbagliavo. Lo stavo sentendo proprio in quel momento, iniziando dal collo, tutto freddo, poi la nuca che tremava e pizzicava.
E questo è ciò che c’era scritto sotto la carta da parati. ‘Aiutami, Sally Sparrow.’
Guardai più vicino, cercando di capire se fosse uno scherzo, e notai qualcos’altro. Altre parole, scritte appena sotto quelle, ma ancora coperte dalla carta da parati. Beh, pensai, l’avevo già rovinata, quindi non avevo niente da perdere. Più attentamente possibile, ho strappato un altro pezzo. Sotto le parole c’era una data. 24/12/85.
Venti anni fa, qualcuno, in questa stanza, ha chiesto il mio aiuto. Otto anni prima che io nascessi!
***
“Vigilia di Natale, 1985? Scusa tesoro, davvero non ricordo.” Mia zia aggrottava la fronte dall’altra parte del tavolo, sforzandosi di pensare.
“Puoi sforzarti, per favore? È veramente importante. Forse hai avuto ospiti, o amici in visita? Magari nella mia stanza.”
“Beh, facevamo sempre feste di Natale, quando tuo zio era ancora in vita.”
“È ancora vivo, vive a Stoke con Neville.”
“Potresti controllare nel capanno.”
“Perché dovrebbe essere nel capanno, zia, è molto felice con…”
“Per le fotografie.” Mi guardava severamente. “Se facevamo una festa, facevamo sempre delle foto. Tengo sempre le foto, controllerò.”
“Grazie zia!”
“Cosa c’entra comunque? Perché ti interessa così tanto?”
Ho quasi pensato di dirglielo, ma sapevo avrebbe riso. Perché davvero, se ci si pensa, c’era una sola spiegazione. Coincidenza. Ci deve essere stata un’altra Sally in famiglia di cui non ho mai sentito parlare, e chiunque abbia scritto quello sul muro venti anni fa non intendeva me, ma lei. Intendevano quella misteriosa Sally di venti anni prima. Ho immaginato come doveva essere quella Sally. Ho pensato a dove fosse in quel momento, e se i suoi capelli fossero ricci. E ho pensato soprattutto al perché sia stata tenuta segreta per tutti questi anni. Forse è stata brutalmente uccisa per ragioni terribili!
Mentre stavo per andare a dormire, ho guardato in maniera seria mia zia, nello stesso modo in cui guardo gli adulti per avvertirli quando non voglio mi mentano, e ho chiesto, “C’è stata un’altra Sally Sparrow, vero, zia? Non sono la prima, giusto?”
Mia zia mi guardò in modo bizzarro per un momento. Mi ero quasi aspettata che avrebbe barcollato indietro contro la mensola del caminetto, tutta pallida e tenendosi il petto, che avrebbe chiesto tremante come avessi scoperto il segreto di famiglia e poi sarebbe scoppiata in singhiozzi strazianti. Ma no, ha riso e detto “No, certo che no! Una Sally Sparrow è più che sufficiente. Ora vai a letto!”
Ero sdraiata a letto, ma non riuscivo a dormire! Ci doveva essere un’altra Sally, per forza. Altrimenti qualcuno di venti anni prima stava cercando di parlare con me da sotto la carta da parati, ma era un’idea stupida!
Quando mia zia venne in camera per darmi il bacio della buonanotte (fingo sempre di dormire, ma in realtà sono sveglia), la sentii appoggiare qualcosa sul mio comodino. Appena chiuse la porta della camera, saltai su e accesi la luce! Forse era il momento decisivo! Forse questa era la sua oscura confessione, la verità riguardo l’altra Sally Sparrow e il suo tremendo destino. Sul mio comodino c’era una scatola. Rimasi senza fiato! Mi sono chiesta quanto dovesse essere grossa una scatola per contenere resti umani! Guardai attentamente (e coraggiosamente) l’etichetta sul coperchio (anche se pensai che etichettare resti umani sarebbe potuto essere un errore evidente).
Sull’etichetta c’era scritto ‘Fotografie 1985’.
Le foto della festa di Natale erano sul fondo, e mi ci vollero secoli per trovarle. Erano tipiche foto natalizie, molte persone che sorridono e bevono, che indossano cappelli di carta. La mia grassa zia era lì, ancora con lo zio Hugh, c’erano anche la mia mamma e il mio papà, così brillanti e magri. E poi l’ho visto! Alzai di nuovo le sopracciglia perplessa, questa volta un po’ più in alto. Perché in piedi, proprio nel mezzo di una delle foto, c’era un uomo con una giacca di pelle e orecchie enormi. Stava nel mezzo di una fila di adulti che ridevano e ballavano, ma lui guardava dritto nell’obiettivo e teneva su un pezzo di carta come un cartello. E sul cartello c’era scritto ‘Aiutami, Sally Sparrow!’
Rimasi ancora più meravigliata. C’era un’altra Sally Sparrow e ovviamente stava scattando la foto. E probabilmente era un po’ sorda, e bisognava usare dei cartelli per parlare con lei, perché gli apparecchi acustici non erano ancora stati inventati.
Guardai poi la foto seguente. Tutto cambiò. Improvvisamente sembrò che la campanella della scuola mi stesse suonando nelle orecchie e potevo sentire il mio cuore battere nel petto così forte che avreste potuto vedere i bottoni del pigiama rimbalzare.
C’era di nuovo quell’uomo, sullo sfondo della fotografia, che teneva un altro cartello. Quest’ultimo diceva ‘Guarda di nuovo sotto la carta da parati.’
Raggiunsi di nuovo la carta da parati e la mia mano tremava come quando provi a fare i compiti sul pulmino. Il nuovo pezzo di scritta era molto più lungo e diceva questo:
‘Questo non è un sogno, e comunque non dovresti mai provare a fare i compiti sul pulmino. Ti proverò che questo è reale. Pensa ad un numero, un numero qualsiasi, poi vestiti, trova una torcia e guarda cosa è inciso nella corteccia dell’albero più lontano nel giardino.’
Quando le persone pensano ad un numero, pensano sempre a dieci, o sette o qualcosa di simile. Non pensano mai ad un numero grosso e stupido. Quindi io l’ho fatto, ho pensato ad un numero grosso e stupido . Poi l’ho dimezzato. Ho aggiunto la mia età. Ho sottratto l’età di Tim. Ho aggiunto quattro, così tanto per. Dopo qualche minuto, ero in giardino, tremante, che fissavo l’albero più lontano nel giardino.
Ed eccolo lì, inciso come se fosse stato lì da secoli. Nessuno pensa mai al numero 73. Tranne me. E l’uomo che ha inciso l’albero più lontano nel giardino di mia zia venti anni fa.
Sedetti sul mio letto a lungo, tremando e chiedendomi cosa dovessi fare. Ma era ovvio. Strappai un altro pezzo di carta da parati. Questa volta c’era scritto ‘Mensola in alto nel salotto, dietro tutto.’
***
Sulla mensola in alto mia zia teneva tutti i suoi video. Non guardava quasi mai la televisione, figurati i video, quindi erano tutti polverosi. E proprio dietro tutto, infilato per metà tra la mensola e il muro, c’era una videocassetta che sembrava essere lì da un bel po’. Appiccicato su di essa c’era un post-it che diceva ‘FAO Sally Sparrow’.
L’ho messa nel videoregistratore e ho abbassato di molto il volume, per non svegliare mia zia.
E lì, sorridendo come uno sciocco dalla televisione, c’era l’uomo delle foto. “Ciao, Sally Sparrow! Qualche domanda?”
Era seduto in camera mia! Solo che i muri erano vuoti, e c’erano un paio di scalette nella stanza, come se qualcuno stesse decorando. Potevo sentire la musica della festa provenire dal piano di sotto, e mi chiesi se fosse la festa del 1985.
“Dai, Sally! – disse, – “Devi avere delle domande. Io ne avrei.”
Aggrottai la fronte. Non avrebbe avuto molto senso fare domande a un uomo che non poteva sentirle!
“Chi dice che non possa sentirti?” sorrise l’uomo.
Ero sconvolta! Probabilmente ho anche sussultato. Le mie sopracciglia praticamente stavano uscendo dalla mia fronte. Era ridicolo, era impossibile. Non avevo neanche parlato.
“No, non l’hai fatto”, disse l’uomo, controllando su un pezzo di carta, “lo hai solo pensato.” Lui guardò di nuovo il biglietto di nuovo. “Oh, e si, hai sussultato.”
“Chi sei?” sbottai.
“Così è meglio, stiamo facendo progressi. Io sono il Dottore. Viaggio nel tempo, sono bloccato nel 1985, e mi serve il tuo aiuto.”
Avevo tantissime domande che mi passavano per la testa e non sapevo quale scegliere.
“Come hai fatto a rimanere bloccato?” chiesi.
“Ho parcheggiato la mia macchina del tempo nel capanno di tua zia. Stavo chiudendo a chiave e…beh…ha ruttato.”
“Ruttato??”
“Sì, ruttato. Sbalzato in avanti di 20 anni, odio quando succede.”
Guardai fuori dalla finestra verso il capanno della zia, alla fine del giardino, e notai che c’era qualcosa di luminoso all’interno. All’improvviso, mi sentii impaurita. “Quindi è qui?”
“Esattamente. Vai velocemente nel capanno di tua zia, troverai una grande cabina blu, con la chiave ancora nella porta. Potrei rimanere qui per altri 20 anni e prenderla io stesso, ma non vorrei finisse nelle mani sbagliate.” Si avvicinò alla telecamera, e i suoi occhi mi fissarono ardenti. “E lo so che le tue non sono mani sbagliate, Sally Sparrow. Voglio che tu la rimandi indietro da me!”
Deglutii con difficoltà. Questa era una pazzia.
Lui guardò di nuovo il pezzo di carta. “Credo tu abbia un’altra domanda.”
Aveva ragione. “Sei registrato su una cassetta. Come puoi sentirmi?”
Lui sorrise. “In realtà, non posso. Non sento una parola. Semplicemente so già tutto ciò che ci diremo in questa conversazione.”
“Come??”
“Perché Mary Phillips ha scritto una canzone sui tuoi capelli.”
Riuscivo a malapena a respirare da quanto sussultavo.
“E tu le hai tirato un pugno, giusto Sally Sparrow? E ti hanno messa in punizione?”
La mia faccia stava bruciando. Come faceva a sapere tutte queste cose?
Non l’avevo neanche detto a mamma e papà.
“Hai dei compiti per le vacanze natalizie. Un tema su cosa hai fatto durante le tue vacanze di Natale.” Sorrise. “E io ne ho una copia!”
E questa è la parte più spaventosa di tutte. Perché lui aveva in mano una copia del tema che sto scrivendo in questo momento!!
“So già tutto ciò che mi chiederai quando vedrai questo video perché ho letto il tema in cui ne parli. Ecco come sapevo cosa scrivere sul muro – a proposito, dovresti mostrarmi precisamente dove – ed ecco come sapevo a che numero stessi pensando.”
“Ma…ma…” Riuscivo a malapena a pensare, la mia testa correva da tutte le parti. “Come hai fatto ad avere una copia dei miei compiti di Natale! Non ho ancora scritto il tema!!”
“Te l’ho detto, viaggio nel tempo. L’ho ottenuto nel futuro. Da una bellissima donna su una balconata a Istanbul.” Sorrise, come se fosse stato un ricordo felice. “Credo fosse una spia. Donna fantastica! Avevo appena combattuto con una spada due Sontaran sul tetto, e lei mi ha salvato dal secondo. Quindi mi ha dato il tuo tema di Natale e mi ha detto di tenerlo al sicuro con me sempre, perché mi sarebbe servito un giorno.” Sorrise.
“Aveva ragione!”
Una spia, nel futuro, avrebbe avuto una copia del mio tema di Natale? Che responsabilità!
Lui guardò il suo orologio. “Okay, è il momento. Mi serve tu vada alla macchina del tempo, e che la faccia viaggiare fino da me.”
“Non so far viaggiare una macchina del tempo. Ho avuto le rotelle alla bici fino ai 9 anni!!”
“Sally, so che puoi farcela. E sai come lo so?”
“Come?”
“Perché ho letto tutta la storia.” Rise. “E anche…lo senti questo rumore?”
Dalla televisione arrivava un insieme terribile di sibili e tremiti.
“Cos’è??”
Stava ancora ridacchiando.
“Sei tu!”
Dietro di lui, una grossa cabina blu apparve dal nulla. La fissai. C’erano delle scritte sopra le porte e strizzai gli occhi per leggerle.
Avrei dovuto capirlo. Sembrava un poliziotto!
“Quella è la tua macchina del tempo?”
“Sì. Ti piace?”
“Chi l’ha fatta volare fino a te?”
Dopo un po’ ci si stancava di quel sorrisetto. “Sei stata tu!”
Le porte della grande cabina blu si aprirono. E accadde la cosa più fantastica di sempre. Io uscii dalla cabina!! Io! Sally Sparrow! Un’altra me uscì dalla macchina del tempo e salutò la telecamera.
“Ciao Sally Sparrow di due ore fa!” disse l’altra me. “È bellissimo lì dentro, lo adorerai. È più grande all’interno!”
“Vedi?” disse lui. “Ti ho detto che sei in grado di far volare una macchina del tempo.”
“Sì, è facile!” disse l’altra Sally, “Ti ospita e ti controlla, comunque. Devi solo premere il pulsante di reset vicino al telefono.”
“Chi te l’ha detto?” le chiesi.
Aggrottò la fronte. “L’ho fatto e basta.” disse, e sembrò perplessa.
L’uomo sembrò un po’ arrabbiato per quella cosa.
“Beh, prima che creiate altri paradossi temporali…Sally Sparrow!” mi guardò dalla televisione con lo sguardo di un insegnante. “Va’ e fai i tuoi compiti!”
“Sì!” disse l’altra Sally, “Devi scrivere il tema prima di far volare la macchina del tempo. Ti ci vorranno due ore circa.”
“Ho sentito abbastanza!” disse l’uomo, “Abbiamo già abbastanza paradossi attivi in questo momento, senza che voi due vi mettiate a chiacchierare!”
“Ma, ascolta, sarà fantastico!” disse l’altra Sally. E mi fece il sorriso più grande ed entusiasta di sempre.
O mio Dio! Si vedeva il mio apparecchio!
Quindi eccomi qui, che termino il mio tema. Sono quasi le 2 del mattino, e tra un minuto prenderò le chiavi del capanno dal cassetto in cucina e andrò in fondo al giardino per iniziare l’avventura della mia vita.
Un grande, fantastica avventura. E non sarà la mia ultima, certo che no! Solo la prima di molte altre, forse per il resto della mia vita. All’improvviso non mi importa cosa dirà mia zia della carta da parati rotta o cosa Mary Phillips pensi dei miei capelli. Tornerò a scuola dopo le vacanze e sarò gentile con lei, e lei potrà scrivere tutte le canzoni che vorrà. Canterò con lei, se la renderà felice.
Vedi, so la cosa migliore del mondo. So cosa accadrà. Ho chiesto a quell’uomo un’ultima domanda prima della fine della cassetta. Ho chiesto come facesse una bellissima donna spia nel futuro ad avere una copia del mio tema.
“Non lo indovini?” sorrise. Non ridacchiò, sorrise. “Il suo nome,” continuò, “era Sally Sparrow.”
La grande cabina blu sta aspettando nel capanno alla fine del giardino. E io ho finito i miei compiti.
FINE