DWOT 25/05/2020 – quello sul Decimo che ora apprezzo molto di più
Ciao a tutti e bentornati a Don’t Watch Only Ten, cioè Doctor Wow Ossia Tennant, cioè Darn Winner Omnia Top10 o Davies’ World Owner Timelord, ma più semplicemente Discussing the Wonders of Our Tales, parte 10. Sì, nell’ultima ho barato che Time lord si scrive staccato, ma è un paio di mesi che non faccio acronimi nuovi e la battuta su cui si fonda questa rubrica è che ogni volta DWOT sta per una cosa diversa… lasciamo perdere le divagazioni che questa deve essere tipo la parte più anticipata, ma stiamo andando in un territorio per me più difficile: per quanto reinterpreti e ci metta la mia opinione personale, questi articoli sono molto affini ai video di Clever Dick Films, che se parlate l’inglese correte a vedervi sono documentari su Doctor Who, ma l’ultimo pubblicato è sul Nono, quindi stiamo battendo territori inesplorati. La prima cosa da sapere sul Decimo è che, finalmente!, ce l’abbiamo su una piattaforma streaming, ossia Timvision, per quanto mi auguro migliorino la sua funzionalità e perché non aggiungere i sottotitoli, visto che esistono? Quindi, per quanto non abbia il grande supporto di un analista migliore di me, sono fresco di rewatch e non resta che dire Allons-y!!!
Il Dottore rigenera nel finale della prima stagione, proiettando attorno a sé l’energia che ha assorbito da Rose. Questo, a mio avviso inteso come sfogo dell’energia del Cuore del TARDIS, diventerà il modo in cui i Signori del Tempo rigenerano, emettendo un’aura arancione, offrendo uno spettacolo visivo di cui la serie classica era priva, sebbene l’energia del TARDIS non c’entri più esplicitamente nulla. Così arriviamo allo speciale di Natale che è la prima puntata dove vediamo operativo il nuovo Dottore. Per tipo gli ultimi cinque minuti, ma fa tutto parte del piano: abbiamo presentato il Nono mostrandolo attraverso gli occhi di Rose, contrastandolo con la sua gretta vita terrestre. Ora l’approccio è simile, ma al contempo estremamente diverso: Rose è cresciuta e maturata, ha affrontato molte avversità, ma non è mai stata al comando. Visto che il Dottore è KO per la crisi rigenerativa è costretta a cercare di risolvere la situazione con le proprie forze, arrivando fino al patetico tentativo di dissuadere i Sycorax menzionando parole a caso. Questo si rivela l’antefatto dell’evento climatico: sfruttando in modo brillante il circuito telepatico del TARDIS, quando vediamo il comandante alieno cominciare a parlare inglese le nostre aspettative si alzano e vengono pienamente soddisfatte dall’intervento del Decimo, che ha il suo apice nel duello. Funziona appieno come presentazione, perché il tono del decimo Dottore sarà per tutta la sua era fortemente eroico, quasi nel senso di poema epico cavalleresco. Viene scelto David Tennant per la parte, fan sfegatato dello show, che aveva fatto di tutto per prendere parte a un tentativo di revival della serie ignoto ai più, la produzione “animata” The Scream of Shalka. David è scozzese, ma in contrasto con il Dottore precedente si vuole dare un’impronta più tradizionale a quello nuovo, identificata da un outfit più incline alla formalità della serie classica e da un accento britannico che Tennant è in grado di mantenere con poche difficoltà, a cui comunque ci sono frecciate amichevoli e occasionali, come la frase “Jodoon platoon on the moon” che non riusciva a leggere senza manifestare la “U” dura tipica scozzese. Detto questo, ho in pratica finito con le note di produzione: è un’era lunga con tante puntate e personaggi e una densità di significato che la rende ancora più laboriosa e che mi viene naturale affrontare episodio per episodio, vista la progressione nel corse delle stagioni.
La seconda stagione richiama l’era del quarto Dottore e Romana, la coppietta in vacanza: grazie al contributo di Cassandra viene infatti esplicitata la reciproca attrazione tra il Decimo e Rose, che trattano i propri viaggi quasi come una serie di appuntamenti, fino a School Reunion. Questa aveva l’intento di presentare la companion classica Sarah Jane Smith in vista di un suo spinoff rivolto ai più giovani, ma ha interessanti conseguenze per la trama, richiamando l’idea che Rose non sia stata l’unica companion, sfruttando l’attuale situazione tra lei e il Dottore per paragonare il rapporto tra questo e ogni companion a una relazione – sebbene più metaforica che letterale – anche attraverso il metacommentario di Mickey (altro esempio di umorismo che appoggia la caratterizzazione dei personaggi) e le scenate di gelosia tra Rose e Sarah Jane, intente a elencare le loro esperienze con il Dottore in un crescendo continuo. Questo si svilupperà nell’inclusione di Mickey nel TARDIS, che avrà una durata breve come quella di Jack, ma supporterà un cambiamento nel rapporto tra Dottore e Rose, ora liberi da vincoli di esclusiva, come vediamo in The Girl in the Fireplace. Secondo contributo di Moffat, questo è un episodio consigliatissimo da tutti che ruota attorno al dramma di non poter incrociare la propria linea temporale, ossia che se viaggi in un futuro di cui hai fatto parte, non puoi tornare indietro a cambiare le cose. Chiaramente la serie non esplora completamente le meccaniche dei viaggi nel tempo, che non sono definite anche per lasciare più elasticità narrativa, ma è importante realizzare che non è questo il punto della serie. The Girl in the Fireplace, infatti, funziona in diversi modi: oltre a essere un dramma per il Dottore, la figura di Madame De Pompadour, che ama profondamente tanto re Luigi che il Dottore, supporta l’astrazione dal rapporto binario che stanno vivendo quest’ultimo e Rose, ma è al contempo un’avventura fantascientifica molto interessante. Nuovi sviluppi per la serie arrivano subito dopo con il viaggio del TARDIS nel mondo parallelo di Pete, dove Mickey verrà messo di fronte a una versione di sé più determinata e risoluta, forse perché non traumatizzata dalla morte della nonna. Russell, infatti, enfatizza molto la famiglia dei companion, sia come strumento per aumentare la loro caratterizzazione, sia come zavorra che li tiene ancorati al mondo reale. È proprio Mickey a risolvere l’impasse di questa doppia puntata, prima spinto dal Dottore a esercitare il proprio talento informatico e quindi a muoversi di propria iniziativa andando a salvare il resto del gruppo con il dirigibile su cui si trova, segno che è diventato un eroe a tutti gli effetti. Arrivato alla propria maturità, interrompe appropriatamente il proprio viaggio nel TARDIS, staccandosi dalla speranza sottintesa di un ritorno di fiamma con Rose e dedicandosi alle proprie avventure.
Parallelamente, indicato da varie menzioni come è stato per il Bad Wolf, viene introdotto Torchwood. Nome in codice per il revival della serie, questo diventa un istituto che si appropria di tecnologia aliena per difendere la Terra e diventerà il fondamento per l’altro spinoff della serie che ne prende il nome, dando un ruolo da protagonista a Jack Harkness. Questo è il culmine del piano di Russell T. Davies, riempire il palinsesto non solo con Doctor Who, ma con Torchwood, rivolto agli adulti e con Sarah Jane’s Adventures per i più giovani. Entrambi gli show sono omaggi alla serie che ha ispirato il revival, Buffy the Vampire Slayer, al punto che questo è avvenuto in vece di uno spinoff sul prof Giles, il cui interprete Anthony Stewart Head non a caso compare in School Reunion. Dopo una serie di successi su successi, la serie presenta tre episodi che io considero dei flop, ma comunque godibili: Fear Her, The Idiot’s Lantern e Love and Monsters, l’ultimo dei quali spadroneggia nelle top10 dei peggiori episodi, ma che è anche il più interessante dei tre. Quello che va detto è che questi sono i primi “filler” veri e propri, puntate che non avanzano in alcun modo la trama orizzontale o l’arco dei personaggi, che si potrebbero rimuovere da un rewatch senza averne alcun danno. Love and Monsters, in realtà, alimenta il mito del Dottore, come suggerisce il titolo italiano, ma l’interesse arriva in realtà dal farne una storia ambientata nella solida realtà quotidiana, caratterizzata dalla presenza di Jackie Tyler, con un mostro ideato dal vincitore di un concorso per bambini e dal presentare come l’assenza del Dottore renda disastroso persino un alieno tanto ridicolo, posto che questo è già stato ampiamente mostrato nello speciale di Natale e che Blink farà un lavoro migliore. Più dubbio è l’intento di presentare la puntata come un video diario del protagonista, troppo poco costante. The Impossible Planet e Satan’s Pit sono invece episodi brillanti, che rendono moderni concetti accennati nella serie classica sull’implementazione di una mitologia lovecraftiana all’interno della serie. In realtà cozza un po’ con l’era del Settimo: la Bestia è indubbiamente un Grande Antico, un essere che è sopravvissuto alla fine del proprio universo ed è giunto nel nostro. Il problema è che è lungi dall’essere il primo affrontato dal Dottore, vista la familiarità di questi con Fenric e, in modo più discutibile, con la famiglia Ragnarok, Animus e la Coscienza Nestene. Al pari delle meccaniche dei viaggi nel tempo, questa mancanza di razionalizzazione giova però alla narrativa: omettendo l’esperienza del Dottore con creature analoghe, possiamo invece introdurre un elemento di mistero che funziona a più livelli, primo dei quali aumentare la godibilità dell’episodio. Inoltre la doppia puntata vede Rose come ultima risolutrice: istruita dai viaggi con il Dottore, riconosce il vero nemico, la coscienza della Bestia che possiede uno dei presenti e la espelle dalla navicella, cosa che le avrebbe costato la vita non fosse per un salvataggio in extremis del Dottore. Amo particolarmente come esista un parallelo tra il salvataggio di Rose da parte del Dottore e quello di questo da parte del TARDIS stessa, smarrito a inizio puntata e ritrovato nel momento del bisogno. Non è un caso che la formazione di Rose come eroina abbia un culmine qui: come è stato per Mickey, ben presto arriviamo alla conclusione del suo viaggio con il Dottore, nel finale di stagione. The Army of Ghost presenta sia la realizzazione di Torchwood e i danni che l’istituto causa che il ritorno dei cybermen, infiltrati dalla dimensione parallela alla nostra grazie all’Arca del Vuoto, ma conserva per il cliffhanger il vero colpo di scena: vedere uscire i dalek dall’interno dell’Arca è uno spettacolo terrificante. Questo mostra un utilizzo intelligente dei cybermen, però, rapidamente cooptati nella lotta contro la minaccia di Skaro, ricordandoci che la loro missione non è lo sterminio della razza umana, quanto una visione estrema di accanimento terapeutico. La puntata vede anche il ritorno di Mickey, ora intrepido eroe che sorride eccitato all’impellente apertura dell’Arca, per quanto convinto di incontrare forze della Cybus. È possibile notare come sia cambiato il suo rapporto con il Dottore: è Mickey a toccare il Progenitore e ricaricarlo con l’energia Arton che ha assorbito e, invece di negare come avrebbe fatto nella prima stagione, si scusa con il Dottore che, invece di accanirsi contro di lui in un’occasione per asserire il proprio ruolo di maschio alfa, fa notare come la cosa abbia risvolti positivi, alleggerendo la coscienza del compagno. La puntata sfrutta al meglio anche Jackie, presentandola come preda dell’illusione del ritorno di un fantasma e culminando con il ricongiungimento con l’amore del passato, il marito, come pure sfrutta Pete stesso, inizialmente votato al salvataggio del proprio universo e che quindi arriva in extremis per salvare Rose da morte certa. Tutti però ricorderanno il finale di questa puntata doppia con la struggente separazione tra i due protagonisti, scena che risuona tutt’oggi all’interno del fandom.
Lo speciale di Natale presenta il personaggio di Donna Noble, interpretata dalla superba Catherine Tate. Già familiare con David Tennant, i due trovano in fretta una chimica sensazionale che questa puntata vota a beneficio della serie, ma le cui implicazioni avranno i maggiori risvolti nella quarta stagione. Per ora serve a stabilire che, per quanto Rose abbia guarito il Dottore dal ricordo della Guerra, se lasciato a se stesso è vittima di ricadute nonché per cicatrizzare la ferita della perdita della ragazza. Davies decide però che questa cicatrice deve restare il più visibile possibile, introducendo il personaggio di Martha Jones come nuova companion. Freema Agyeman, mani basse la più bella attrice che la serie abbia mai avuto, incarna una ragazza che si innamora rapidamente del Dottore, complice un bacio che questi le ruba per distrarre gli Judoon nel loro debutto. Come detto nell’analisi sul terzo Dottore, Martha è una novella Liz Shaw, troppo in gamba e capace per essere una semplice spalla, capace di destreggiarsi nelle situazioni più disperate nonostante sia priva delle conoscenze del Dottore. Questo già la rende una figura ingombrante per lo show, specie in un’era dove il Dottore è un eroe epico, ma il rapporto tra i loro personaggi rafforza questa sensazione: in un momento dove i due condividono un letto sotto al tetto di Shakespeare, a un’allusione di Martha, il Dottore menziona nostalgico Rose, quando la Faccia di Boe dice al Dottore che non è solo, l’ipotesi di Martha che faccia riferimento a lei è scartata con nonchalance e il Dottore la congeda freddamente al termine del viaggio che le aveva promesso. Non è nemmeno una friendzone, ma una completa mancanza di riconoscimento. La mia interpretazione è che a un qualche livello il Dottore sia consapevole di aver bisogno di compagnia e coopti Martha per questo, impilando scuse per proseguire il loro viaggio insieme, prima dicendo che “un viaggio comprende sia il passato che il futuro” e quindi trovando irresistibile indagare sul prof Lazarus. In retrospettiva, la situazione non può che parlare in virtù di Martha: lo show la introduce come rimpiazzo veloce per Rose, ma la vediamo conquistarsi il diritto di viaggiare nel TARDIS centimetro per centimetro, finché l’ottenere una chiave della cabina non sancisce la sua conquista. Ho glissato su Daleks in Manhattan: per quanto sia una storia godibile, la sua essenza si trova già in Dalek (ne passerà di tempo prima di trovare una puntata sui dalek che non possa dire lo stesso!) e bisogna arrivare a un altro capolavoro: Human Nature.
Paul Cornell, già autore di Father’s Day, è la penna di questa puntata doppia, adattamento di un romanzo della Virgin, stavolta parecchio fedele. Di nuovo la puntata gioca sull’assenza del Dottore, che sfrutta tecnologia dei Signori del Tempo, l’Arco Camaleonte, per diventare umano e scappare dalla Famiglia del Sangue. Sarebbe stato un crimine, però, non dare un ampio respiro a questa storia e lasciarla al pubblico più di nicchia dei romanzi anni ’90: quello che Dalek fa per la razza titolare, Human Nature lo fa per il Dottore stesso, esplorandone la figura tormentata, la duplice natura umana e virtualmente divina, il modo in cui sia in costante fuga da se stesso e come brami a un qualche livello una vita normale, nonostante se ne dichiari costantemente inorridito. Io sono sempre stato soggetto all’effetto underdog, dove il pubblico si mette istintintivamente dalla parte sfavorita, per esempio preferendo personaggi secondari ai protagonisti. Questo si riflette in una mia avversione verso i personaggi che il pubblico tende a favorire e che ho razionalizzato in passato sostenendo che 10 non sia il Dottore meraviglioso che tutti dicono, che guadagni dall’avere storie bellissime e un attore fenomenale, ma che la sua caratterizzazione sia pigra e piena di contraddizioni. Direi che quello che mancava alla mia analisi è John Smith. Sì, il Decimo è spietato verso alcuni nemici e caritatevole verso altri, alle volte sembra amare Rose alla follia e altre è pronto a dimenticarla per la fiamma del momento, alcune volte è ansioso di vivere esperienze nuove, altre è disgustato dall’idea di una situazione poco familiare: oggi mi rendo conto che questo dualismo è parte integrante del suo personaggio, con due nature contrastanti che si danno il cambio in risposta alle circostanze, il cui conflitto è letteralmente l’arco del personaggio. Questo non lo ha reso il mio Dottore preferito, ma non è tanto un demerito suo, quanto un merito degli altri e comprendo a pieno chi lo mette sopra a Matt Smith o Peter Capaldi. Tornano a Human Nature, l’episodio è avvalorato da una fotografia superiore agli standard della serie. Per essere un adattamento fedele, è comunque notevolmente inserito all’interno della stagione, constando in una svolta nel personaggio di Martha che qui si arrende all’idea che non avrà mai un rapporto sentimentale con il Dottore, innamorato di un’altra persino ora che è umano. La serie non prende però respiro, passando nuovamente la palla a Steven Moffat, che dà vita a Blink. Dal momento che questa puntata si concentra su personaggi estranei alla stagione, ironicamente vicina a Love and Monsters in questo, è piuttosto scarsa sugli sviluppi della trama orizzontale, contribuendo unicamente con una distratta implicazione che Martha lavora per mantenere il Dottore mentre sono bloccati negli anni ’60, ma è una delizia per chiunque l’abbia visto, con una regia fenomenale, interpretazioni magistrali e immagini iconiche. Il concetto degli Angeli Piangenti è avvolto nel mistero, quello che sappiamo di loro è che si muovono quando non li guardi e che vogliono il TARDIS, completamente all’oscuro di ogni altro dettaglio ed è impressionante come siano arrivati a uguagliare la popolarità dei dalek con le loro poche apparizioni. C’è anche un interessante uso di metanarrativa nel momento in cui la chiave per comunicare con il Dottore sono easter egg come quelli di cui andiamo a caccia nelle successive visioni delle puntate, volendo anche di come la stessa serie, il Dottore in televisione, sia un alleata dello spettatore, Sally Sparrow.
Il finale di stagione è triplice, stavolta, usando Utopia sia per reintrodurre Jack Harkness, che esorcizzerà il fantasma di Rose dal rapporto tra Martha e il Dottore con poche battute (pacificando la tensione come aveva fatto nella prima stagione), sia ovviamente per presentare il Maestro, intrappolato nell’identità di Yana. Va detto che non ha molto senso l’indizio sibillino che Faccia di Boe ha dato al Dottore, ma la cosa passa in secondo piano di fronte ad altre genialità, come l’implementazione dell’Arco Camaleonte per nascondere la sua identità. A differenza degli episodi che presentano altre nemesi del Dottore, Utopia sembra fare affidamento su una pregressa conoscenza della figura del Maestro, ma non è proprio indispensabile: certo, si può non sapere chi sia il Maestro, ma il pubblico è fresco del paragone tra John Smith e il Dottore e considerando che Yana era tanto geniale da costruire un megacomputer con scarti di cibo, può presumere almeno quanto sia preoccupante scoprire che è in realtà una forza del male. Come Torchwood, anche Saxon è stato presentato nel corso della stagione, prima come nome buttato a caso e mano a mano introducendo l’idea che conosca il Dottore, la rivelazione che si tratti del Maestro non è un vero colpo di scena, quanto una connessione che il pubblico fa organicamente e che rivela la sua natura manipolatoria. Nonostante questo, non avrebbe stonato fare in modo di presentare il personaggio prima, magari con qualcuno che avesse problemi a fidarsi del Dottore perché un altro Signore del Tempo gli aveva causato danni; di lì non avrebbe avuto nessuno difficoltà a capire che qualcuno che si fa chiamare “padrone” (Maestro torna per assonanza, ma non rende l’idea, in quanto indica dominanza solo in italiano arcaico) non sia esattamente uno stinco di santo. Comunque, Saxon replica su larga scala tante caratteristiche del primo Maestro, quello di Delgado: dove questi ama travestirsi, nella nuova serie crea un’identità per cui è riconosciuto su scala mondiale; quando nella classica il Maestro era incurante per le casualità umane, ora uccide il 10% della razza umana per divertimento; se Delgado amava mettere il Dottore in situazioni di vita e di morte, Simm lo abbandona intrappolato alla fine del tempo, contro un’orda di cannibali e appena può lo riduce all’impotenza invecchiandolo e tenendolo con sé solo per sadismo. Saxon dimostra in fretta di essere un nemico più terrificante degli stessi dalek: in poco tempo intrappola il Dottore e Jack, riduce in schiavitù la razza umana e si prepara a muovere guerra contro l’universo. Sarà solo l’intervento di Martha a salvare la Terra, viaggiando da un capo all’altro del mondo e raccontando la storia del Dottore, cosa che riesce in un momento di preghiera collettiva a caricaricarlo di energia psichica al punto da neutralizzare gli effetti del cacciavite laser del Maestro. Sì, la risoluzione degli eventi gioca molto sulla natura divina del Dottore, addirittura rappresentandolo con le gambe distese e le braccia allargate, il Maestro impotente di fronte alla dominanza della posa a T. Come nel precedente finale di stagione, va evidenziato che la storia si sviluppa in una macedonia di personaggi con crescite diverse, dal padre di Martha, presentato con una donna poco più grande della figlia, che la incita a scappare nonostante sia sotto minaccia mortale, alla moglie del Maestro, resa folle dalla consapevolezza che la razza umana è destinata ad estinguersi e che alla fine sparerà al Maestro uccidendolo. Alcune cose vengono un po’ lasciate a sé, come l’utilità della sorella di Martha che si rivela effettivamente “restare lì ed essere carina”, battuta del Maestro che contribuisce a rendere il personaggio viscido, tematicamente rilevante, perché verrà ucciso proprio da una donna. Anzi, due donne, prima Chanto nella precedente incarnazione, quindi dalla moglie Lucy. Oddio, pure tre, se conti Missy nella decima stagione! A seguito degli eventi, Martha decide di lasciare il Dottore e smettere di viaggiare con lui, dimostrando di non avere bisogno della sua presenza per essere fantastica e abbiamo pure uno sviluppo per Jack, che non soltanto implica di essere destinato a diventare la Faccia di Boe, ma anche che quello che gli mancava davvero era il suo spinoff. Scusate, il suo team Torchwood!
La stagione successiva comincia con uno speciale natalizio che comprende Kylie Minogue nella parte di Astrid. Va detto che non ci si potrebbe aspettare che una cantante di una certa fama diventi improvvisamente una companion in pianta stabile, ma il modo in cui il Dottore si impunta sul cercare di salvarla è utile per rimarcare quanto il Dottore abbia bisogno di avere una compagna. Per fortuna qualcun altro lo sta cercando, Donna Noble, che viene ripresentata in Partners in Crime rielaborando il suo personaggio in modo che risulti uno sviluppo organico, in cui la vita normale che prima bramava ora le va stretta e sta indagando su misfatti di natura aliena per i fatti propri. La madre di Donna è probabilmente una delle figure peggiori tra le famiglie dei companion, tanto importanti nell’era Davies, costantemente impegnata a rimarcare quanto sia priva di qualità la figlia, cosa che va a dare spiegazione dell’arroganza che dimostra, ma lo spettatore ci mette poco a vedere che è nel torto: in The Fires of Pompeii infatti convince il Dottore a salvare una famiglia dalle fiamme, pur senza infrangere le leggi del tempo impedendo un evento di portata storica. Questo è fondamentale: come dicevo la natura del Decimo è doppia, diviso tra umano e divino, o meglio tra umano e Signore del Tempo. Lasciato a sé non può che capitolare su una di queste due facce, è la mano di Donna che riesce a costringere la moneta a cadere di taglio, trovando un difficile compromesso, concetto rimarcato poi in The Doctor’s Daughter e fino ad allora messo in secondo piano mentre esploriamo il personaggio da punti di vista diversi, vedendone la compassione verso gli Ood prima e il coraggio contro ai Sontaran dopo. Quello che resta costante è che l’indole di Donna e il suo pragmatismo integrano veramente le lacune del Dottore: se Rose era un’apprendista che poco a poco diventa un’eroina e Martha era “troppo per il Dottore”, Donna è inter pares. The Sontaran Stratagem/The Poison Sky segna il ritorno di Martha, ora membro della UNIT, ora reintrodotta in pianta stabile nella serie. La UNIT soffre più del Maestro l’estraneità dello spettatore dalla serie classica: se si parla di organizzazioni umane volte a combattere gli alieni, la serie costruisce Torchwood, mentre presenta la UNIT in modo molto sommario, specie dal momento che l’acronimo è diventato – suppongo per ragioni politiche – UNified Intelligence Agency, invece di United Nation. Ad ogni modo, il ritorno dei Sontaran non è forse memorabile come altre puntate, ma resta un’ottima puntata doppia. Se non eravate convinti di quanto fosse speciale Martha, ne avete la prova ultima in The Doctor’s Daughter, dove viene isolata dal resto del gruppo e in poco tempo diventa l’idolo degli uomini pesce, menter il Dottore, Donna e Jenny incontrano un’accesa resistenza da parte degli umani; tuttavia la protagonista assoluta della puntata è Jenny – Georgia Moffet, figlia di Peter “Davison” Moffet, quinto Dottore e attuale moglie di David Tennant, ma le battute in merito si sprecano – che è letteralmente quello che non riesce a essere il Dottore, una giusta via di mezzo tra umano e Signore del Tempo. Non a caso, Donna lo spinge ad avvicinarsi alla figlia. Tanti sognano il ritorno il Jenny e non riesco a capacitarmi che non sia ancora avvenuto (nella serie, ci sono audio mi pare). In The Unicorn and the Wasp l’unica nota importante è il bacio tra i due protagonisti, funzionale nell’impedire al Dottore di soccombere al cianuro, ma che registra Mickey come unico companion non baciato dal Dottore tra Grace del film e Clara Oswald. Lo spazio fisso di Moffat viene usato per costruire un’interessante premessa alla sua era ventura, con Silence in the Library/Forest of the Dead. Anche qui, come in Blink presentiamo dei mostri veramente terrificanti che diventano immediatamente dei meme, ma il vero sviluppo del personaggio arriva con Midnight, prova che Russell T. Davies sa anche scrivere puntate singole, dove il Dottore è forzatamente isolato da Donna e viene più osteggiato dalla propria arroganza che dal mostro misterioso. Di lì andiamo al finale, ma bisogna considerare la stagione come un proprio insieme: se Torchwood e Saxon erano mistery box che tutto sommato si limitavano a spuntare la casella dell’emulazione di Buffy, la quarta stagione ha una trama orizzontale molto più articolata, con diversi temi che vanno in parallelo: in primo luogo la sparizione delle api, quindi di alcuni pianeti e il ricorrente e inquietante “hai qualcosa sulla schiena” rivolto a Donna. Non è un caso che sia più laborioso: Davies sa che questa è la sua ultima stagione e ci tiene a fare le cose in grande e mettere tutte le proprie pedine sulla scacchiera, ma prima bisogna realizzare a pieno il potenziale di Donna, mostrando come sia stata una figura fondamentale tutto questo tempo e questo avviene con Turn Left, che è un episodio molto particolare. Non ha senso rimarcare che sia caratterizzato dall’assenza del Dottore, sarebbe il quarto (quinto se si conta Fear Her) ad avere questa particolarità: il vero fattore discriminante è la presenza di Donna nella vita del Dottore. È un episodio bellissimo e struggente, che vede come una stupida, piccola scelta di Donna abbia conseguenze catastrofiche, in un domino di eventi tragici che hanno senso solo paragonati alla visione degli episodi passati, in cui vediamo cadere il Dottore, poi Sarah Jane e Martha, Torchwood, gli Stati Uniti d’America e quindi il sorgere dei campi di lavoro in Gran Bretagna, che è dove Donna traccia la linea e si decide a seguire Rose, ora una misteriosa figura che l’avverte che può riportare la storia sui binari giusti, ma anche che morirà per farlo. Il finale della puntata è un altro di quei momenti che restano scolpiti nel cervello: la rivelazione che nessuna scritta sul pianeta pseudocinese era stata tradotta fino a quel momento dal circuito telepatico e che quando questo avviene, ogni scritta diventa “Bad Wolf”, posto che non capisco veramente il motivo, sarà un modo in cui il TARDIS comunica che la situazione è davvero grave.
Il vero e proprio finale di stagione comincia, indovinate un po’, con l’assenza del Dottore! Cioè, arriva sulla Terra, ma quando rientra nel TARDIS per mettere il freno a mano, questa viene rubata da quelli che scopriamo essere i dalek. È un ottimo modo, però, per mettere in moto tutti i figli del tempo, le persone toccate dal Dottore che difendono la Terra ogni minuto della loro vita, non solo quando capita che il TARDIS decida di atterrare lì. Tuttavia la loro iniziativa si traduce in orrore quando viene decrittata la comunicazione degli alieni responsabili in una serie di “sterminare”, altro brillante modo in cui viene trasmesso il puro orrore dei dalek come armata inesorabile. A dare la svolta, è però il figliol prodigo, Harriet Jones, ex primo ministro, ma sapete chi è (a proposito, sta battuta è carina, ma diventa un po’ una pantomima), che si immola per permettere a tutti i cellulari del mondo di chiamare il TARDIS e farlo arrivare così alla Cascate della Medusa e in synch con i pianeti rubati. Tuttavia l’arrivo del Dottore non è l’unico modo in cui si muove la storia, mostrando due piani paralleli, uno portato avanti da Jack, Sarah Jane, Ricky e Jackie – come Rose arrivati dal mondo di Pete – e l’altro da Martha Jones che continua a valere come un’intera squadra da sola e qui ti parla pure tedesco fluido che circuito telepatico scansati che mi sei solo di impiccio, ma vengono subito debellati con il, perdonate, “diabolus ex machina” del ritorno di Davros. Un po’ in un riflesso dell’escalation di cattivi, prima Torchwood, quindi i cybermen e infine i Dalek del finale della seconda stagione, qui abbiamo altri due rinforzi, prima il Dottore metacrisi e infine il vero asso nella manica, Donna stessa (nonostante ci sia una finta dove sembra inerme pure lei) che ha assimilato le conoscenze del Dottore ed è diventata il vero primo Dottore Donna che Jodie scansati!!! Di nuovo scusa, mi regolo. Qui è dove segnamo un vero e proprio cambiamento di genere per la restante stagione, che verrà costituita da episodi speciali: da pseudo poema epico, diventa una vera e propria tragedia greca. Certo, c’è quello che ritengo essere il momento più tragico di tutta la serie: Donna, segnata a vita dalla condanna a una vita banale, dall’essere sempre una precaria dal futuro incerto, da una madre che continua a infierire e il telescopio del nonno come unico modo di vedere le stelle, si è finalmente elevata a diventare una di esse. Ma più brilli forte, più in fretta bruci e Donna subisce un destino peggiore della morte, condannata a vivere privata di ogni sviluppo che le abbiamo visto fare durante la serie, con l’unica flebile consolazione che, a un qualche livello, il Dottore Donna è ancora presente a vegliare sulla Terra, narrativa con cui Russell T. Davies rivolge contro allo spettatore la potenza dello sviluppo di un personaggio!
Intanto il Decimo è riuscito a realizzare un proprio sogno: passare la vita con Rose. Per l’esattezza, passare una delle sue vite con Rose, pur dovendo fare il sacrificio di staccarsela letteralmente di dosso, come un nuovo essere. Il Dottore metacrisi o come viene chiamato spesso “Tentwo” è nato dalla guerra, come è stato per il Nono, ed è quindi citando lo stesso Decimo “come quando Rose lo ha incontrato”; è anche il prezzo da pagare per sconfiggere Davros, o meglio: dover perdere nuovamente Rose in modo che salvi anche questa nuova versione del Dottore lo è. Quindi Rose torna nell’universo parallelo, Martha non ne vuole sapere nulla e Donna rischia la morte solo vedendo qualcosa che possa riaccendere i suoi ricordi: il Dottore è di nuovo solo. E abbiamo stabilito, con Midnight, ma soprattutto con Turn Left quanto questo sia una condanna a morte, per lui.
The Next Doctor è uno speciale carino che richiama a tante puntate passate, ma rovesciandole sulla testa, come nello scoprire che l’orologio rotto del “Dottore” è solo un orologio rotto. È anche un momento di grazia, in cui Jackson Lake dona un Natale caloroso al Dottore che aspetta di morire e spinge Londra a dire grazie, per una volta! Planet of the Dead mostra l’intrigante companion occasionale di Lady Christina De Souza. Francamente qui vedo il potenziale per un’anti-Donna, una che anticipi Clara della nona stagione, diventando uno squilibrio per il Dottore invece dell’ancora alla realtà, ma è stata invece pensata per essere la companion di una volta sola, che il Dottore si rifiuta di prendere a bordo del TARDIS per ragioni che non comprendo, visto che l’assioma “uno psicopatico per TARDIS” non era ancora nato, ma ehi, almeno non è dovuta morire come Astrid. The Waters of Mars è il vero e proprio inizio della fine, dove il lato Signore del Tempo prende la meglio e il Dottore si spinge più in là di quanto abbia mai fatto prima: si trova di nuovo a dover fare le scelte di The Fires of Pompeii, ma stavolta decide di andare contro al tempo, sconfiggendo The Waters of Mars. Notate la simmetria dei nomi! Poi uno dice che io ci penso troppo, ma è tutto voluto! Qui il Dottore cerca di fare da solo il lavoro di Donna, di trovare il proprio equilibrio, ma invece si spinge troppo in là, diventando il “Time lord victorious”. All’atto pratico un altro finale di stagione è The End of Time che per qualche motivo rifiuta di avere due titoli e che si incentra prima sul ritorno del Maestro, poi doppiato dal vero ritorno, quello dei Signori del Tempo. Onestamente meglio di quanto ricordassi, The End of Time fa praticamente quello che promette di fare, dando una fine climatica al Dottore, la realizzazione de “il Maestro si sacrifica per salvare il Dottore” promesso nell’era del Terzo e facendo scegliere in modo definitivo da quale delle sue due metà il Decimo vuole vivere, anzi, vuole morire. Il Decimo si è appena preso una steccata sulle mani dal Tempo, che quando si è proclamato Time lord Victorious gli sono comparsi gli Ood a dirgli “vieni a morire”! Alla fine della puntata prima, lui è tutto triste e mortificato, ma appena comincia The End of Time è lì bello spavaldino con la collana di fiori. L’episodio parte con lui che verte verso il proprio lato da Signore del Tempo e viene speso inseguendo il Maestro, anche lui di Gallifrey, e venendo inseguito da Wilfred, che è invece alfiere del suo lato umano. Il Maestro e Wilfred hanno un rapido confronto quando questo lo schernisce chiamandolo “papà” del Dottore, con lui che risponde immediatamente “ne sarei onorato”. Qui il Dottore fa una scelta definitiva, si schiera dalla parte degli umani, di Wilfred: il decimo Dottore abbandona la sua parte di Time lord Victorious e abbraccia invece quella di John Smith.
C’è una sottile crudeltà in Wilfred che presenta il prezzo da pagare di questa scelta, qualcosa di tanto tragico che persino il Dottore, pronto a immolarsi ancora e ancora, che sia scaricando i dati di miliardi di persone nella Biblioteca o trascinando lo stesso Satana dentro a un buco nero, non riesce ad affrontare in modo sereno. Sarebbe troppo, del resto, affrontare la morte da superuomo, ora che ha scelto la vita da umano. Per me è anche una pena inflitta dal Tempo stesso, come se fosse un’entità cosciente che tenta di punire la hybris del Dottore, ma ci sto mettendo un sacco di mio non so se sia voluto. Francamente sono i Signori del Tempo a fare la figura peggiore in tutto questo: alla fine dei conti compaiono in modo statico in lunghe scene di esposizione, per quanto Timothy Dalton dia loro il massimo valore possibile ed è il fatto che il Decimo strappi la pistola di mano a Wilfred a manifestare quanto sia veramente grave la situazione. Continuo a intendere gli interminabili minuti di saluti a tutti i companion come un fanservice, ma è anche l’addio di Russell alla propria era e ha l’accortezza di testimoniare che il Dottore abbia scelto John Smith mostrando il ritorno di Jessica Hynes, che interpretava l’infermiera Joan e qui la nipote, autrice del libro che ricorda gli eventi. Capite perché dicevo che non avevo compreso il Decimo, prima di considerare Human Nature?
È difficile articolare una discussione sul decimo Dottore e sulla sua era. Il consenso generale è che sia una tacca profonda e distinta nella storia del programma. Quello che metto sopra a tutto di questa era sono i companion: Rose, Martha e Donna sono personaggi veramente tridimensionali, ognuna con propri punti di forza e debolezze, tranne Martha che è OP, pls nerf! ed esplorati in modo adeguato che plasmano in modo proattivo le storie, che ancora godono di scrittori spinti a mettere una verve moderna a quanto hanno scritto o immaginato in anni senza TV, ma anche il Dottore è molto ben scritto e si apre a tante chiavi di lettura. Per esempio c’è una continuità tra Nono e Decimo più marcata che tra ogni altra incarnazione, al punto che non fatico a immaginarmi un mondo dove uno dei due interpreti faccia entrambe le parti, incorporate in un’unica era. Naturalmente è un’estremizzazione: non potremmo mai immaginare il Nono esibirsi in alcune pagliacciate tipiche del Decimo, sebbene non siano mai gratuite come lo saranno quelle dell’Undicesimo. Beh, dico gratuite, ma manterranno una funzione sempre importante. Perché vedete, con la rigenerazione del Decimo, John Smith è morto. E quello che è rimasto è il Dottore più spietato della serie moderna, il folletto della Pandorica, l’uomo che fa scappare i demoni e il cui nome non deve essere nominato. Tra sette giorni, il Silenzio calerà, ma…
~Six