DWOT 13/04/2020
Ciao a tutti e ben tornati a DWOT, cioè Doctor Who Or Theta-sigma. O, se preferisci, Discussing the Wonders of Our Tale, parte 4. Come disclaimer, questa serie di articoli è pesantemente influenzata e usa come fonte principale i video di Clever Dick Film su Youtube, canale che ti consiglio caldamente di frequentare, se conosci la lingua inglese. Ovviamente, rispetto a quei video, c’è il mio approccio personale, ma, se dovessi scegliere, i video sono parsec più elevati di quanto possa dirti io… specialmente sul quarto Dottore, perché è il punto in cui io mi sono arreso e ho mollato una visione più o meno seriale della classica, saltando rapidamente al quinto Dottore. Al che starai pensando “ma il Quarto è quello con la sciarpona, è il Dottore più iconico di tutti, com’è possibile?!” Beh, un motivo c’è, ed è perfettamente razionale, ma andiamo con ordine.
Se vogliamo mantenere un crescendo, e c’è ragione di farlo, William Hartnell è stato l’attore che ha introdotto la serie, Patrick Troughton ha aggiunto elementi che la caratterizzano fino ad adesso, Jon Pertwee l’ha portata a un successo incredibile e siamo giunti all’arduo compito di stabilire chi possa prenderne le redini. È il 1974, i Deep Purple pubblicano Bum, Nixon cede la poltrona a Ford e la moda chiede capelli afro e panta-zampa. E la BBC è in un angolo, madida di sudore freddo: la lista di nomi di attori che potrebbero prendere in mano la serie, che perlopiù verteva verso un ritorno a un’estetica più vicina a quella del primo Dottore, con un attore avanti negli anni (preciso che Hartnell era truccato per essere vecchio, aveva 56 anni al debutto), è completamente spuntata e tutti sono non disponibili o non interessati. Allora, grazie a un provino fortunato, lo stesso Dottore arriva a interpretare la propria parte.
Ok, forse è un’iperbole, ma considerate questo: è più improbabile “Signore del Tempo in fuga da Gallifrey” o “monaco poi ritiratosi e arruolatosi nell’esercito, dove ha casualmente scoperto un vago talento recitativo, messo in pratica in film di scarso successo e quindi castato per sette stagioni in una serie con share medio di 8,5 milioni”?! Funzionalmente, Tom Baker può benissimo essere il Dottore che mantiene la propria copertura fino a oggi. Dai tratti somatici a dir poco stravaganti, con folli capelli ricci e una statura imponente che rasenta i due metri, Tom non passa certo inosservato, ma il suo modo di fare nella vita quotidiana è esattamente il manierismo che caratterizza il suo Dottore, al punto che lui non si definisce un bravo attore, perché è sempre stato sé stesso durante la recitazione. Per quanto si possa discutere che le radici di questo si trovino già nelle due scorse incarnazioni, mentre la prima è stata pesantemente caratterizzata, Tom è quello che scolpisce nel granito questa tendenza della serie, che spesso lega a doppia mandata il modo in cui le sceneggiature vogliono che il personaggio sia interpretato con la personale visione dell’attore. Vedremo in futuro che questo non è sempre vero, ma, quando vi si rinuncia, si perde sempre del potenziale.
Sempre frutto di un dietro le quinte è l’iconica, lunghissima sciarpa del Dottore, per cui la costumista ha usato tutta la lana fornitale, invece di scegliere un singolo colore. Questo errore, ha avuto però il risultato di renderlo impossibile da confondere, affiancando una silhouette che richiama continuità con il proprio predecessore, nelle prime stagioni, per poi diversificarsi durante le sette stagioni. Già, proprio sette stagioni, che è il vero problema di questo Dottore: persino lo stesso Tom Baker si chiede se sia rimasto troppo a lungo nel ruolo, soprattutto quando la serie ha cominciato a declinare in popolarità. Va detto che alzerà gli ascolti dagli 8,5 milioni ai 10, per poi colare a picco tra i 5 e i 6 milioni nella stagione 19, la sua ultima. Questo non è necessariamente un riflesso della qualità dello show, perché negli anni ’80 lo scenario della famiglia che si riuniva all’ora del té alle 5 per guardare sull’unica televisione in casa i programmi sull’unica rete nazionale, era bello che finito. Proprio in questo scenario la direzione della serie finì in mano a John-Nathan Turner, di qui JNT, di cui dovremo parlare molto. Ai fini dell’era del quarto, la cosa interessante è che ha ripreso a sperimentare molto, invece di andare sul sicuro e che ha praticamente zittito Tom Baker sulle proprie opinioni sulle puntate, mentre prima era solito dire la sua su ogni singolo scritto. Di nuovo, Clever Dick Films su youtube ne parla meglio.
Ma andiamo finalmente a parlare dei personaggi: la prima cosa che va detta è che sette stagioni sono troppe. Se non credi a me, vai a chiedere a Saki quante volte il Quarto offre jelly babies a qualcuno, quante volte usa la propria sciarpona per fare una trappola, quante viene legato e si riesce a liberare. In queste il Dottore, la cui caratterizzazione deriva per lo più dall’attore, ma è forse in parte derivata da Sherlock Holmes, ha un arco orizzontale, non dando difficoltà a immaginarlo affrontare le prime avventure prendendolo di peso dalle ultime. A mantenere un minimo di novità c’è un vasto cast di companion che affiancano il Dottore… stavo per farti un elenco, ma ognuno merita almeno mezzo paragrafo.
Sarah Jane è testimone della rigenerazione e affianca il Dottore nel periodo di crisi rigenerativa in Robot, che è interessante perché mantiene lo schema di una storia del Terzo dottore e, come mettere due colori contro lo stesso sfondo, evidenzia il cambiamento. Sarah Jane sarà una companion paziente, energica, combattiva, piena di risorse, ammassando una fanbase talmente vasta da spingere per fare uno spinoff con lei protagonista… due volte! Oltre al famoso Sarah Jane’s Adventures contemporaneo, negli anni ’70 c’era stato un primo tentativo, di cui rimane solo il pilota. Ad affiancarla in un primo periodo il medico della Marina Harry Sullivan, che riprende il prototipo di Ian Chesterfield dell’eroe d’azione, ma che in questo contesto è più fonte comica che altro: non solo il Dottore non è più un vecchietto con il bastone (che discutibilmente è sempre stata una facciata) e quindi è altrettanto adatto al ruolo, dando origine ai teatrini di maschio alfa che ci porteremo dietro fino ai giorni nostri, ma la donzella in difficoltà in dotazione allo schema è, come già detto, troppo in gamba per fare la principessa Peach della situazione.
Dopo aver dovuto abbandonare Sarah Jane perché gli umani non sono permessi su Gallifrey (quindi l’eco di Clara che ha indicato il TARDIS al Dottore è quantomeno una Shobogan, se non una Signora del Tempo e potremmo avere due Clara immortali che girano per l’universo), in cui si è recato per la puntata The Deadly Assassin, il Dottore recluta l’amazzone aliena Leela. Per quanto sia facile puntare il dito sull’outfit decisamente rivelatorio, per gli standard della serie, Leela rappresenta un vero e proprio tentativo di sovvertire lo stereotipo di Ian, dando la parte dell’eroe d’azione a una donna. Leela è anche incredibilmente sveglia, risolvendo il problema che era stato di Katarina, ragazza troiana che ha accompagnato il primo per breve tempo, perché la sua presenza chiedeva costantemente di spiegare tecnologia già nota al pubblico, appesantendo le sceneggiature. La cosa viene ancora usata come sfondo comico, ma non è assolutamente fastidiosa. Presto il duo coopterà anche K9, il compagno robotico del Dottore, che è stato un prop costosissimo e che ha richiesto troppa manutenzione, ma anche amatissimo dal pubblico.
Nel primo vero e proprio arco narrativo, per quanto uno potrebbe discutere che sia stato The Keys of Marinus o The Dalek’s Masterplan, la signora del Tempo Romanadvoratrelundar, così chiamata per un bieco tentativo del padre di barare a Scarabeo, affianca il Dottore nella missione assegnatagli dal Guardiano Bianco. Al termine di questa avventura incontrano la principessa Astra, interpretata da Lalla Ward e, quando Romana rigenera, sceglie di copiarne la forma. Era il 1979 e Tom Baker e Lalla Ward si sarebbero sposati nel 1981, dopo l’uscita di Lalla dal cast, per quanto lo sarebbero rimasti per appena un anno e mezzo, e non ho idea di quale sia stato il loro rapporto dietro le quinte, ma la chimica tra i due è innegabile: non solo Romana ha un intelletto paragonabile a quello del Dottore, ma molto spesso i due sembrano una coppietta in vacanza o in luna di miele, piuttosto che in cerca di avventura. Romana resterà indietro in un’altro universo, definito E-space, dando un precedente all’interesse romantico separato fuori dalla propria dimensione, poi ereditato da Rose.
K9 e Romana verranno lasciati indietro nell’E-space; il compagno di Sarah Jane sarà infatti un’altra versione, costruita mi pare dallo stesso Dottore, regalatole per Natale, ma verificate queste informazioni perché non ho visto le fonti sul piccolo schermo. Accompagna il Dottore, invece, l’adolescente Adric. Questo è il primo caso di companion maschile tanto giovane, età fino ad allora riservata a Susan, Vicky e Zoe; con quest’ultima condivide il genio matematico. Tornati nell’universo principale (N-space), viene reclutata anche Nyssa, umanoide di Taken figlia di Tremas, di cui il Maestro ruberà il corpo, ottenendo la sua più longeva interpretazione di Anthony Ainley. Infine, proprio nell’ultimo serial del Quarto, pretendendo di sapere chi sia il comandante del volo, Tegan arriverà sul TARDIS.
I retroscena sugli attori sono una roba assurda!!! Lalla Ward (Romana II) pubblicherà due libri di lavoro a maglia, in cui Loise Jameson (Leela) si presterà come modella. Janet Fielding (Tegan) diventerà un agente teatrale e rappresenterà Paul McGann quando questi otterrà la parte come ottavo Dottore.
Parlando di storie si può dire tutto e il contrario di tutto, proprio per la vastità del repertorio. Se alcuni scenari ripetuti, come già detto, risultano stantii, è anche vero che la quantità genera la qualità: The Ark in Space è una space opera decisamente prima del proprio tempo, The Pyramids of Mars detta il sottogenere della fantascienza basata su antiche civiltà e, naturalmente, Genesis of the Daleks è forse la puntata più famosa della serie classica. Su questa si possono dire tantissime cose, come il fatto che definisca il rapporto tra i Signori del Tempo e il Dottore, riluttante ad agire per loro agenda, che presenti uno scenario con una moralità meno definita rispetto a The Mutants del primo Dottore, non presentando i Kaled, antenati dei Dalek, come gli unici pronti a fare di tutto per vincere la guerra contro ai Thals e, naturalmente, presentare Davros. Spostare i Dalek dall’essere il nemico principale allo scienziato senza scrupoli, al servizio di un esercito pseudonazista, ha rinnovato l’interesse per le creature di Skaro, troppe volte ridicolizzate anche per via del supereroismo del terzo Dottore. Purtroppo gli anni ’80 ridicolizzeranno anche lo stesso Davros, ma ci arriveremo. The Deadly Assassin riporta in scena il Maestro, interpretato da Peter Pratt con un costume che lo rappresenta come un ammasso di carne putrida o bruciata, apparenza a cui, stranamente, la storia non dà spiegazione (l’universo espanso attribuirà la cosa a una trappola tesa da Susan in un romanzo, ma non ne so molto); la stessa storia darà altri dettagli su Gallifrey e, ipoteticamente, un nome vero e proprio al Dottore, Theta Sigma, poi asserito unicamente come soprannome (sono le lettere greche delle inizial di Thomas Stewart Baker, nome completo dell’attore protagonista). Una puntata su tutte che merita la visione è The City of Death, dalla penna di Douglas Adams, editore in carica di tutta la serie, in quel momento. Le riprese camera in spalla a Parigi, il tono improvvisato degli attori e i dialoghi tra Dottore, Romana e terze parti, scritti con la stessa sagacia di opere immortali come Guida Galattica per Autostoppisti, la rendono un’opera semplicemente irripetibile. Forse stranamente più popolare è però Shada, dello stesso autore, ma mai terminata, per via di uno sciopero del personale BBC; la determinazione a portare in vita questa puntata è una storia che la vede tradotta in romanzo, poi in un’audioavventura che sarà anche animata in modo minimalistico, con protagonista l’ottavo Dottore, che funziona stranamente sia da remake che da sequel e, recentemente, integrando insieme nuove animazioni doppiate dal cast originale con le riprese originali, in quella che è definita la versione ufficiale da televisione. Un’epopea che ha visto qualche mese in meno di 40 anni tra la stesura del copione e la sua messa in onda. The Keepers of Traken riafferma il Maestro, dandogli come già detto un aspetto definitivo e Logopolis segna proprio per mano sua la fine del Dottore, precipitato a terra da una torre radio, episodio citato di recente in The Doctor Falls e nella seconda parte di Spyfall.
La mia modesta opinione è che vedere ogni puntata di questo Dottore in ordine cronologico sia un tour de force che ci si può risparmiare. Non mi aspetto che tutti concordino con me: se avete pazienza, tempo (magari complice la quarantena) e un gusto diverso dal mio, sono giorni di visione che potrebbero scivolare lisci… ma per me, l’interminabile scalinata del faro di The Horror of Fang Rock, la prima e unica apparizione dei Rutan, altrimenti famosi per la menzione di un’interminabile guerra contro ai Sontaran, è stato un colpo di grazia che mi ha portato più verso lo zapping. Occasionalmente vado a colmare questo gap e riscopro un Dottore brillante e che attira a sé l’occhio di bue di ogni scena a cui prende parte e qui sostengo la mia tesi: è un’era che guadagna da una visione saltuaria. Speculo che l’enorme popolarità dell’epoca sia dovuta in misura maggiore al vasto pubblico, piuttosto che ai fan veri e propri, che spiega il calo degli ascolti nelle ultime stagioni, quando il primo poteva essere intrattenuto dai programmi di altre reti e da Atari e altre console, che stavano trasformando la seconda televisione nelle case del Regno Unito, in una sala giochi senza gettoni. Il Dottore non resta uguale durante la propria era, ci sono cambiamenti nel personaggio, ma sembrano più estemporanei o, nell’ultimo periodo, frutti della cattiva collaborazione tra Tom Baker e JNT, nonché forse di un’eccessiva permanenza del primo, che lo vede quasi esausto.
Anche questi che potrebbero essere aspetti negativi, andranno però a rinforzare la serie, nel tempo. Da questo momento in poi, nessun Dottore resterà oltre la terza stagione, dando ritmo al rinnovo costante che mantiene la serie fresca e potenzialmente immortale, per quanto alle volte non sarà una scelta voluta. È probabile che la lunga permanenza di Tom Baker nascesse proprio dall’amore che questi aveva per il ruolo, dedicato al punto da non fumare o bere alcolici in pubblico, per non dare il cattivo esempio ai bambini. Tuttavia, non sono sicuro di che persona fosse Tom, al di fuori degli schermi. Quando, dopo il loro divorzio, hanno chiesto a Lalla Ward quale sia il mostro più spaventoso di Doctor Who, lei ha risposto “Tom Baker”, ma è probabilmente una battuta innocente. Per quanto sia ampiamente criticato per tante scelte di stile, prima tra tutte il costume del sesto Dottore, JNT è amabile e cordiale con tutti, eppure i due hanno avuto un continuo braccio di ferro sul set, ma è in parte dovuto alla necessità di adattarsi ai sorgenti anni ’80, movimento di cui JNT era l’alfiere e Tom, una reliquia. Nonostante sia stato indubbiamente il Dottore più iconico di tutta la serie e sia probabilmente destinato a rimanerlo, non ha preso parte a The Five Doctors, che lo vede in un’improbabile frammento di Shada in cui un effetto (poco) speciale lo porta a essere rapito, ma ha fatto l’introduzione per Dimensions in Time, lo speciale del ’93 per Children in Need. A sbilanciare quest’altalena di pro e contro, almeno nel mio registro, un aneddoto raccontato per Doctor Who Magazine, dove parla di Jon Pertwee, definendolo un insopportabile sapientone (insufferable know-all), tirchio al punto da ritenere impossibile offrire un drink. Dice che il suo predecessore amava l’idea di ricevere grosse somme di denaro per doppiaggi e che gli ha raccontato di aver declinato l’offerta per un lavoro simile di £15’000 perché avrebbe richiesto un’intera ora di lavoro. Continua dicendo “non era vero, ma potevo sentire il cuore di Jon battergli nel petto. Infatti, è morto di infarto poco dopo. Credo che sia stato per questo”.
Come già detto nell’articolo precedente, Jon Perwee è stato un uomo che ha servito il proprio paese come spia della Marina nella lotta ai nazisti, per poi dedicarsi a radioprogrammi comici, interpretare Doctor Who e quindi fare uno spaventapasseri idiota in un programma per bambini. Fatico a immaginarlo gretto come lo dipinge Tom e, anche se la sua immagine pubblica fosse stata profondamente diversa da quella nella vita privata, non mi pare una dichiarazione da fare a un’intervista rivolta ai fan della rubrica, di cui per molti il Dottore di Jon Pertwee era stato un idolo di infanzia! In tutto questo, però, considera che Jon è il mio idolo personale e sarò sempre di parte, quando si parla di lui. Resta sempre il caso che l’intervista sia stata montata o esagerata e che, nonostante l’iperbole con cui ho aperto questo articolo, Tom Baker è distinto dal personaggio che ha interpretato. Personalmente, su di me avrà sempre un’influenza e questo lo spinge verso il fondo della mia classifica di gradimento.
Se vogliamo tornare a quanto detto nello scorso articolo, vedere l’era classica come un unico grande conglomerato, è una tesi insostenibile, la differenza che passa tra le storie del primo e del settimo Dottore è marcata quanto quella con la serie moderna. In un’ipotetica esigenza di catalogare in ere, considero primo, secondo e terzo Dottore, come la prima era dello show, e quinto, sesto e settimo, come ultima prima del revival: il quarto Dottore è stata un’era a sé stante, fatta di alti e bassi, di squisite performance ed esagerazioni melodrammatiche, di personaggi sfaccettati e di segnaposto di cartone, dove ogni pietra è stata girata, ogni schema testato e riprodotto quindi serialmente e che non ha segnato solo le meraviglie della nostra storia, ma di tutto il panorama fantascientifico. Come continuare, di qua? JNT aveva proprio il compito di rispondere a questa domanda e lo ha fatto dando la parte a Peter “Davison” Moffet, altra pietra miliare che non rispecchia i miei gusti personali. Ma questa è la storia della prossima settimana…