Stagione 11 – MEGArecensione di Six
Stagione 11 – recensione di Six
A me importa poco di cast, fotografia e regia, finché non distorcono la storia, mi sta bene. Quindi per me c’è stato veramente poco in questa stagione.
Tutta la stagione è stata oscenamente brutta e incredibilmente noiosa. Cioè, tecnicamente, le cose raccapriccianti sono unicamente The Ghost Monument, The Tsuranga’s Conundrum, Arachnids in the UK e Demons of the Punjab, ma sono bilanciati unicamente da Kerblam!, dando un bilancio di 4 episodi tremendi, 1 molto buono e una generale mediocrità nel resto.
Per dirla tutta, due episodi hanno un alto valore storico, ossia Rosa e Demons of the Punjab, o per meglio dire, vogliono averlo e ci vanno davvero molto, molto vicino, ma fanno qualche omissione:
In Rosa vediamo come ogni singolo americano bianco sia un completo razzista. Questo non è realistico, i Civil Right Movement erano ampiamente sostenuti da molti bianchi, nonostante, come in ogni periodo storico, l’indifferenza andasse per la maggiore, ma è necessario che sia realistico? Se vogliamo dare la precedenza a una narrativa fantastica, no, non lo è. Se vogliamo fare una rappresentazione fedele, sì, dovrebbe. Non è grave, naturalmente, ma la puntata è un carosello di bianchi disumani, dai camerieri agli agenti di polizia, e stride un po’, come anche stride il fatto che Rosa Parks sia tanto aperta e contenta di avere a che fare con Yaz quando scopre che è un’agente di polizia, come quelli che randellavano i manifestanti su base giornaliera.
Del resto Demons of the Punjab va una spanna oltre: riconosce un astio degli indo-pachistani nei confronti dei britannici, ma unicamente nei primi minuti, una cosa del tipo “Ehi, voi siete con quei dannati che hanno fatto a pezzi il nostro paese dopo averci schiavizzato per anni! Vi odio a morte! Ora venite nella mia capanna ad assistere al mio matrimonio!”
In generale, la stagione è molto schierata politicamente, in particolare per quanto concerne le puntate dei guest writer, reclutati più tra persone con esperienza in social issues, piuttosto che tra scrittori di fantascienza. Questo pesa particolarmente su Demons of perché temo che la parte sociale abbia fagocitato l’avventura, al punto che la storia gioverebbe dell’assenza dei Thijiarians, che tanto riescono a tagliare ogni loro vincolo con la puntata, praticamente dicendo “ah, no, noi non c’entriamo niente con questa storia siamo qui solo per caso”, ma è evidente in quasi tutte le puntate:
- Rosa ha Black Lives Matter e i Civil Rights;
- Arachnids in the UK è una frecciata a Donald Trump;
- Demons of the Punchjab ce l’ha con le guerre religiose;
- Kerblam! attacca l’automazione -non unicamente Amazon, come sostengono molti-
- The Witchfinders riguarda la misoginia e parla di paura del diverso;
- It Takes You Away non riguarda un tema direttamente, ma presenta i temi della disabilità, dell’accettazione del lutto e della responsabilità genitoriale (secondo me parla di droga, gli altri non sono d’accordo);
Mentre le altre puntate hanno unicamente risvolti politici, come la situazione della classe operaia e della polizia in Gran Bretagna di The Woman Who Fell to Earth, cosa che è tutt’altro che nuova alla serie. Ora, non credo che questo possa rovinare nessuna “festa”, da solo, ma l’impressione è che l’attenzione sia stata data a scapito di elementi importanti. Per esempio, Donald Trump II non ha alcuna funzione in Arachnids in the UK, ma non ce ne libereremo per tutta la puntata, mentre lo spazio che occupa potrebbe tranquillamente essere usato per fornire una qualsivoglia trama, altrimenti completamente assente… e mi piacerebbe poter dire che sia un problema solo di quella puntata.
A discolpa della serie, da Tsuranga’s Conundrum, ho acceso le puntate veramente prevenuto, situazione in cui mi ero trovato alla stagione passata, dopo aver visto The Lie of the Land. Credo che qualcosa che mi renda prevenuto al massimo siano puntate dove elementi narrativi non vengono sviluppati quando ti aspetti che potrebbero esserlo, per esempio il fatto che lo Pting sia immune a ogni forma di materia, mentre la nave è alimentata ad anti-materia: sono due concetti che il mio cervello razionale associa insieme e non vede l’ora di veder sposare nella realtà.
In modo analogo anche il cervello emotivo ha trovato terreno difficile, specie al confronto con le stagioni passate: ricordate quella scena in cui Bill supplica 12 di non cancellarle la memoria e poi gli dice “va bene, ma come ti sentiresti se qualcuno lo facesse con te?” e Murray Gold suona una certa musichetta con un solo dito, associata a una certa ragazzetta bassa, petulante e con la faccia troppo tonda? Quello è il trucchetto “Pixar”, dove si usa un jingle per marcare un evento o un personaggio e lo si riutilizza quando si vuole fare un’associazione. Il compositore della stagione nuova non è affatto terribile, è la regia del suono che lascia a desiderare e assolutamente non in modo criminale -salvo forse nell’ultimissima scena che mi dà l’impressione di troncare la colonna sonora prima che la traccia arrivi a una fine-, solo non viene mai utilizzata in modo furbo come in passato. Per esempio, credo che associare una traccia al tema dell’effetto farfalla avrebbe pagato parecchio, nel finale di Rosa, di Demons e in Witchfinders (in modo minore, ovviamente).
Non è l’unico trope abbandonato: Chibnall ha apertamente dichiarato di non voler usare mostri del passato -della serie, contando che ha usato Predator, Terminator, Alien e Darth Vader, da altri media ha preso a piene mani-, ma ha anche deciso di astenersi dal fare una scena prima dei titoli, dal mettere un richiamo alla trama orizzontale e, soprattutto, usare facili feels e hype, ossia tragedie eccessivamente rappresentate e quei momenti tipo “I am the Doctor and I save people”. Questa è senza dubbio una mossa coraggiosa: in pratica Chibnall entra in scena con il compito di presentare il primo dottore femminile, senza fargli combattere i dalek, senza farla soffrire immensamente per qualche motivo, senza stacchetto musicale quando corre e senza discorsoni alla Rings of Akhaten. Per essere onesti, è possibile che una paio di discorsi fossero “da Dottore”, come quello su “Dottore in molte cose, speranza soprattutto”, ma non sono sicuramente stati incisivi come nelle stagioni passate. Una mossa coraggiosa, come dicevo, che non ha pagato: è stato probabilmente un boccone troppo grande da ingoiare, per uno scrittore mediocre come l’attuale showrunner.
Sì, sì, sono cattivo, ma voglio anche riconoscere a Chibnall i suoi meriti:
-È incredibilmente abile nel fornire la caratterizzazione dei personaggi usa e getta, ma decisamente carente nello sviluppo di quelli stabili;
-L’ambientazione delle storie è sicuramente geniale;
E basta. Soprattutto il secondo punto è degno di nota, però, se volete l’ambientazione è semplicemente fantastica:
-Il Dottore affronta Predator in una città operaia;
-Corsa intergalattica mortale;
-Il Dottore incontra un’icona della lotta di classe;
-La città operaia è invasa da ragni giganti;
-Un mostriciattolo inarrestabile è salito a bordo di una nave medica (ossia, Alien per famiglie);
–Predator dalla prima puntata;
Il vero problema è stato lo sviluppo di queste puntate. Chibnall è famoso per Broadchurch, ma anche l’whoniverso non gli è estraneo: nello specifico, il suo più grande merito è aver salvato Torchwood, guidando una seconda stagione dopo che la prima restava a galla solo grazie alla novità della cosa; in particolare ricordiamo fragments, dove, per sviluppare i personaggi -cosa in cui lo ritengo pessimo-, li presenta nuovamente al pubblico -cosa in cui credo eccella-.
Quindi perché Torchwood sì e Doctor Who no? Beh, Torchwood ha una cosa in comune con Broadchurch, ossia una pletora di personaggi ricorrenti -finché non muoiono tutti-. Per intenderci, in 30 secondi di schermo un personaggio di Chibnall ha più spessore di quanto uno di Moffat possa ottenere in tutta la puntata o, nel caso di Clara Oswald, in tutta la seconda parte della settima stagione e, anche se non ne aggiunge in seguito, i personaggi lo possono ottenere semplicemente interagendo gli uni con gli altri.
Ossia? Ossia la stagione 11 avrebbe avuto guadagnato dalla presenza di una squadra, una cosa tipo il Torchwood o la UNIT che possano interagire tra loro e con il Dottore. Con quello avremmo avuto il terreno dove Chris eccelle e poco ci sarebbe importato che il resto delle puntate cadesse un po’ piatto. Se poi Tim Shaw avesse sterminato l’intera squadra alla fine, avremmo avuto l’hype necessaria per staccare l’ultima puntata dalla mediocrità.
Non è l’unico modo in cui si sarebbe potuta salvare la stagione: non partire con tutti gli handicap elencati sopra, oppure, sapete?, SCRITTORI CAPACI avrebbero potuto risolvere tutto senza modifiche alla struttura.
A proposito di struttura la scelta di avere puntate da 50 minuti è stata semplicemente dannosa, in questo contesto, quando sarebbe possibile tagliarne 20 da ogni puntata e ottenere puntate da mezz’ora dove, se non annoiarci di meno, ci saremmo annoiati almeno meno a lungo. Soprattutto puntate come It Takes You Away soffrono di avere quel minutaggio in più da far fuori. Il discorso tra Dottore e Rana-universo è semplicemente idiota: “io ho visto l’universo, prendi me” e la rana prende lei, “io devo andarmene via, per favore, amica” e la rana la lascia andare, senza nemmeno tipo leggerle la mente. A quel punto, tanto valeva fosse commossa dal suo tentativo di sacrificio di prima. Oppure si sarebbe potuta tagliare quell’atroce parte nel limbo, con un palloncino luminoso che è tanto importante da discutere di scambiarlo con il sonico, mentre Yaz ha sicuramente uno smartphone con torcia incorporata, visto che è una londinese nel 2018!
Sentite, il punto è che potrei andare avanti e guardare il pelo nell’uovo in ogni singola puntata, ma, da un punto di vista tecnico, questa stagione è stata pessima; come anticipato nell’ultima recensione, c’è però un aspetto simpatico da considerare: sembrano “ruolate” di Dungeons and Dragons, dove le situazioni non portano automaticamente alle conseguenze più interessanti, ma a quelle statisticamente più probabili. Il risultato può non essere soddisfacente, ma è divertente immaginare Chibnall che scrive le puntate facendo finta di essere un master e “giocare” la puntata.
Cioè, almeno lui si è divertito.
Doctor Who tornerà nel 2020, come annunciato dal sito BBC in modo estremamente anticommerciale, visto il modo in cui noi fans apprezziamo un anno di hyatus, mentre piazzarci un bel “gennaio 2020” o “inizio 2020” sarebbe stato più facile da digerire.
Si può pensare che sia un po’ ipocrita avere fretta di vedere la prossima stagione, quando dichiaro di essere stato tanto deluso da quella appena passata, ma il fatto è che io ho sempre sostenuto l’idea che il Dottore diventasse una donna, mi entusiasmava vedere questo cambiamento e la sfida che avrebbe comportato e sono stato esaltato dalla scelta di Jodie Whittaker, che ho apprezzato molto in Black Mirror. Il problema è che, a vederla, non vi riconosco il Dottore, come non riesco a riconoscerlo nel quinto a cui pare ispirata ancora più di quanto lo sia stato il decimo. Sta di fatto che, non saprei dire di chi sia la colpa, se dell’attrice o degli sceneggiatori, a ora Jodie è il dottore della serie nuova che mi piace meno, ma CAVOLO, se vorrei che così non fosse! Io non vedo l’ora della prossima stagione, per poter nuovamente sperare di trovare quel momento in cui dici “ehi, questo è il Dottore!”
Così non è stato e forse la cosa è in parte voluta: rispetto al dottore in stress post traumatico di Eccleston, al triste Tennant tormentato, al vecchio dio bambino di Smith e al “sono un uomo buono?” di Capaldi, Whittaker sembra voler venire delineata dalla sua ultima frase, da chi trova la gioia nel viaggio stesso, chi si lascia sorprendere dall’universo. È un tema già sfruttato, ma non ancora come centrale al personaggio, ma tutti i viaggi che vediamo fare in questa stagione sono dettati dal caso o dal bisogno impellente. Non è un caso se tutti i dottori della moderna abbiano chiesto, in una salsa o all’altra “Questa è una macchina del tempo che può portarti dove e quando vuoi, quindi dimmi: dove e quando vuoi?”. Sapete, il fascino dell’escapismo, l’idea di scappare e tornare per l’ora del tè.
Il punto più basso della stagione è probabilmente il finale di Arachnids in the UK, dove abbiamo tergiversato apposta per mostrare la vita quotidiana dei personaggi e, alla fine, tutti i personaggi devono elencare i motivi per cui vogliono viaggiare nel TARDIS perché abbiamo fatto progressi da quel punto di vista solo con Graham!!!
Ammetto, comunque di essere stato troppo severo in alcuni punti, però. Demons of the Punjab è una bella puntata, considerato tutto, soffre solo di essere tanto vicino allo speciale di Natale e avrei anche dovuto apprezzare di più It Takes You Away e The Witchfinders. Molti altri qui non condividono l’odio spassionato per The Ghost Monument e Tsuranga’s Conundrum.
Comunque, sono contento che la stagione sia stata molto seguita, l’ironia della sorte è che la stagione a mio avviso peggiore oltre questa è la seconda ed è proprio quella con gli ascolti più alti dopo l’undicesima. Doctor Who non è a rischio, almeno non dal punto di vista della produzione e questa è proprio un’ottima notizia.
Adesso, se oltre a Doctor Who potessimo riavere anche il Dottore, non sarebbe niente male!
Boh, ci rivediamo a capodanno, così possiamo contare 7 puntate su 11 scritte da Chibnall, così da avere un meraviglioso 63.63 periodico percento di puntate scritte da lui. Urrà. Fino ad allora, stay tuned, stay TARDIS, ciao dal vostro
~Six